Due Italie. Che non si conoscono, che non si frequentano. Da un lato i drammatici dati riportati ieri da Adele Piazza su Electomagazine: un quindicenne su due ha difficoltà a comprendere un testo in italiano e va pure peggio con la matematica. Dall’altra l’onanismo intellettuale per la folla al Salone del libro di Torino nel fine settimana. Oddio, a guardarla bene, la folla non appare composta in maggioranza da cultori della filosofia, da profondi conoscitori di autori di nicchia, da svisceratori del dubbio. Assomiglia più ad un gregge che si mette in coda là dove c’è più gente, senza curarsi troppo di chi siano i relatori, di quale sia l’argomento.
Eppure il gregge e gli analfabeti quindicenni rappresentano il presente ed il futuro di questo Paese (no, non è una Nazione, è solo un agglomerato di esseri più o meno viventi). Tutti indignati perché Londra non ha preso in considerazione le Università italiane per la concessione dei super visti riservati agli studenti dei migliori atenei mondiali. In realtà tutte le classifiche internazionali non prendono in considerazione le Università italiane, quelle che sfornano laureati che non riescono a scrivere in italiano corretto ai concorsi, compresi quelli per la magistratura. Ma che pretenderebbero prestigiosi riconoscimenti internazionali.
Così, mentre il resto del mondo (tutto il resto del mondo, non solo la Gran Bretagna) punta sul lavoro di crescente qualità per garantirsi un futuro, l’Italia è l’unico Paese che spinge fuori dai propri confini i giovani che hanno la colpa di essere preparati. Vogliamo solo braccia, scollegate dal cervello, da inserire in aziende che non investono e che pertanto non hanno bisogno di nuove figure professionali. Servono manovali non specializzati, portatori di piatti che non si montino la testa pensando di essere “personale di sala”. Servono lavoratori che accendano e spengano macchinari obsoleti, lavoratori che altrove sono stati sostituiti dalle macchine ma in Italia no perché le macchine costano. E magari si rompono anche e costa ripararle. Invece i lavoratori sono precari, se si rompono si cacciano, se muoiono interviene l’Inail.
Dunque vanno benissimo i semianalfabeti. Meglio se anche semi intelligenti. Più facilimente sfruttabili. E poi all’estero nessuno li vuole, così hanno meno opportunità e riducono le pretese. Però non funziona più. Perché anche i semianalfabeti, grazie agli arresti domiciliari di massa per Covid, hanno scoperto che stare a casa, sopravvivendo a stento, è meglio che andare a lavorare continuando a sopravvivere a stento. Bisogna quindi puntare sul gregge che legge. O che magari non legge ma si finge intellettuale perché ha conquistato un selfie con un autore che non conosce. Il gregge politicamente corretto, ubbidiente, che si lascia terrorizzare dai proclami del Ministero della Verità. Un gregge che non si libera grazie alla cultura ma che, attraverso la cultura di regime, può essere sottomesso e sfruttato. “Lavorare gratis? È fantastico, ce l’ha chiesto l’intellettuale radical chic in tv”. “Rinunciare a formarsi una famiglia? È meraviglioso, così ci sarà meno affollamento sulla Terra”. “Fare sacrifici? È un sogno! Ce lo hanno chiesto Draghi, Borrell, Biden, Greta, i banchieri, i padroni, il governo dei Migliori. Chi siamo noi per dire di no?”.
Da renitenti alla vanga a renitenti al pensiero. L’Italia del futuro sarà bellissima.