A seguito del conflitto russo-ucraino, sono già milioni le persone che si sono allontanate da Kiev e dintorni per giungere in Europa occidentale. Ma a differenza di altre guerre, pensiamo ad esempio al conflitto siriano o alle primavere arabe, questo esodo di profughi non sembra subire eccessive opposizioni dai paesi della Ue. A prima vista tutto questo sembra molto contraddittorio, soprattutto tenendo conto che i paesi più vicini all’Ucraina hanno formato a suo tempo il Gruppo di Visegrad (composto da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia ed Ungheria), un’alleanza politico-culturale che poneva tra i suoi obiettivi principali l’arginare l’immigrazione incontrollata, in primis la cosiddetta “rotta balcanica”. Quali sono le ragioni di questo cambiamento di paradigma?
In realtà non vi è stato nessun reale cambiamento. Al di là della propaganda di chi, soprattutto in Europa occidentale, dipingeva il Gruppo di Visegrad come una pericolosa alleanza neonazista e razzista, la politica dei paesi membri era ben diversa. Per prima cosa i quattro paesi dell’Est ponevano l’accento su un fatto inequivocabile, di cui tutti facevano finta di niente: i profughi provenienti dalla Siria o dal Nord Africa erano per lo più maschi in salute e di giovane età. Oggi invece dall’Ucraina si allontanano principalmente donne, bambini ed anziani, perché i maschi adulti rimangono a difendere la propria Terra (addirittura in molti, seppur residenti in Europa occidentale da anni, sono rientrati per impugnare le armi contro l’esercito invasore). E poi il Gruppo di Visegrad si opponeva ad uno dei dogmi del politicamente immigrazionista degli ultimi decenni, secondo il quale tutti gli immigrati sono uguali tra loro, riducendo così l’immigrazione ad un fatto di mero ordine pubblico, disconoscendone il pericolo di annacquamento delle identità di chi accoglie a braccia aperte chiunque varchi le frontiere del proprio Stato.
Quando la Polonia e gli altri paesi confinanti accolgono con solidarietà gli ucraini che scappano dalla guerra, lo fanno non per un senso pernicioso e ridicolo di fratellanza universale ma perché li considerano fratelli di sangue. Tanto è vero che la Direttiva della Ue sulla protezione temporanea di un anno, prorogabile al massimo per altri due, è applicabile ai soli cittadini ucraini e a coloro che “soggiornavano legalmente prima del 24 febbraio 2022 sulla base di un permesso di soggiorno permanente valido rilasciato conformemente al diritto ucraino e che non possono ritornare in condizioni sicure e stabili nel proprio Paese o regione di origine”.
Ed è stato proprio grazie all’intervento del Gruppo di Visegrad che si è posta questa limitazione, che di fatto ha tenuto fuori dalla protezione molti stranieri che risiedevano in Ucraina prima dello scoppio della guerra. Sicuramente questa decisione avrà fatto storcere il naso a molti benpensanti ma alla fine anche la Ue, nonostante la sua chiara impostazione economicistica, ha dovuto cedere di fronte all’intransigenza dei Quattro e alla realtà di fatto poiché già alle frontiere si stavano facendo distinzioni tra cittadini ucraini e quelli extraeuropei che tentavano di scappare dalla guerra.
Questa è la dimostrazione che possiamo avere ancora speranze nell’edificazione di una vera Europa dei popoli che vada a sostituire l’attuale ingranaggio burocratico e privo di identità. Questo però potrà avvenire solamente se anche la parte occidentale comincerà a cambiare prospettiva. Ad Est hanno già dimostrato che, pur essendo tacciati da anni di antieuropeismo, in realtà hanno un senso dell’identità europea molto più forte della nostra. Un’identità però fatta di Sangue e Suolo non di bilanci e burocrazia. L’attuale guerra, pur nella sua quotidiana drammaticità, può diventare anche un’opportunità di rinascita per la nostra martoriata Europa. Il senso di fratellanza che si è subito diffuso ad Est potrebbe anche a breve arrivare nella parte occidentale del Vecchio Continente, quella purtroppo più sottomessa ai vari dogmi del politicamente corretto imperante. Sapremo seguire l’esempio dei nostri fratelli polacchi e degli altri popoli confinanti con l’Ucraina? Sapremo dare vita ad un’Europa Nazione, blocco monolitico di un popolo più che millenario e destinato ad essere Faro di Civiltà? La guerra ci sta lasciando questa sfida, spetta a noi accettarla e farci artefici del nostro futuro. Noi inteso come popolo non certo come classe dirigente di cui abbiamo la più totale sfiducia. Però se riusciremo ad essere uniti tra di noi e, soprattutto ad essere esempio, alla fine potremo realizzare il nostro sogno. Il Gruppo di Visegrad ha tracciato la strada, tocca a noi iniziare a percorrerla.