“Stiamo perdendo il senso del gusto…” mi dice S. il mio amico romano. Siamo seduti al solito bar. Quello con giardino e una vasca, anzi un piccolo stagno artificiale, dove sguazzano pesci. Lui, al solito, beve un cappuccino. Io, al solito, una birra. Che qui è buona. Alla spina, fresca. E in una giornata di scirocco come questa…
“Non parli degli effetti del Covid, vero?” ridiamo. Lui è peggio di me, in questo. E ci intendiamo molto bene anche su altri temi. Vedi certe strane guerre… Eppure abbiamo scoperto che, da ragazzi, eravamo su barricate opposte. Nemici, se ci fossimo incontrati allora. Ma di acqua ne è scorsa molta sotto i ponti sul Tevere. E i tempi sono cambiati. Anche noi, certo. Ma soprattutto è cambiato questo mondo. E sono saltati tutti i vecchi schemi. Per chi pensa, naturalmente. Altri credono di vivere ancora negli anni ’70. E altri ancora…lasciano che a pensare per loro siano le televisioni e i talk show.
“No. Mi veniva in mente una cosa. Ho visto passare una famigliola. Tutti con la mascherina, padre, madre, due figli. E il pacco di McDonald’s… Sicuramente hamburger.. Ed ho pensato… ma noi, da ragazzi, quando mai abbiamo mangiato hamburger?”
Già… Mia madre, qualche volta se avanzava il macinato per le polpette, mi faceva una cosa…simile. Ma non era un hamburger. La chiamava Svizzera. E veniva rosolata in padella, col burro. E poi mica era solo manzo. Vi si riciclava la carne che c’era, con aggiunta di formaggio, prezzemolo, anche cipolla nell’impasto. E si mangiava al piatto…
“Esatto – dice S. – noi l’hamburger manco sappevamo cosa fosse. Tant’è che nei fumetti di Braccio di Ferro (Popey) il suo amico Poldo (Wimpy) nella tradizione italiana era ghiotto di…polpette. E poi la carne la si vedeva ben poco in tavola…”
Se per carne intendi le bistecche..
“Certo. Ora la carne è solo la bistecca. Meglio ancora, la fettina di vitello. Che sa di ben poco. O, appunto, l’hamburger. Che per darle sapore devi coprirla di quella schifezza del ketchup… Ormai il gusto imperante è questo. E quindi un non gusto. Mancanza di sapori. Di varietà… Ma ti ricordi cosa portavano in tavola un tempo? Pensa alle frattaglie…”
Già…Le frattaglie. E non solo il fegato, che dalle mie parti è una prelibatezza. Di fatto il piatto nazionale. Ma anche altri pezzi. Il cuore, che andava cotto al punto giusto, ché altrimenti era una suola di scarpa. La fongadina, il polmone, che si bolliva in pentola con le verdure. E i nervetti, in insalata con olio, pepe, sale e aceto. Il piedino, con la salsa verde. La cervella, pastellata, fritta e col limone. I latticini, ovvero la mammella, bollita e poi condita anch’essa. I rognoni trifolati, in padella con burro, prezzemolo, aglio… Ma dopo aver spurgato in acqua e aceto per due giorni. E la trippa… E su tutto la lingua. Che a casa mia si serviva con una salsa densa. Pane raffermo ammollato nell’ aceto, uovo, capperi, cipollina, e acciuga. Era una festa quando arrivava in tavola…
“Ecco, vedi? Quanti sapori…e quanta abilità e fantasia in cucina. Perché quella era cucina. Una bistecca una fettina, un hamburger la si cuoce e basta. Son buoni tutti… Ma per rendere saporiti certi tagli, ci voleva creatività. E pazienza.
Paradossalmente la grande cucina è stata creata dai poveri. O meglio, dal popolo. Perché si doveva ingegnare per rendere gustoso e commestibile tutto. Il filetto è buono di per sé. Ma la trippa la devi sapere lavorare e preparare…
E il popolo non aveva la possibilità di mangiare il filetto, come i signori. Ma non per questo mancava di gusto. Voleva mangiare bene. Voleva gustarsi sapori ricchi, pieni, appaganti. E allora ecco la coda alla vaccinara. E i fegatelli nella rete… Piatti che, oggi, a Trastevere, che è una macchina per macinare turisti, sono specialità. E li paghi un occhio della testa… ”
Rido.
Se li trovi…
Scuote il capo, sconsolato.
“Certo. Se li trovi. Perché, ormai, quella varietà, quel caleidoscopio di gusti, è andato perduto. Le nuove generazioni, se parliamo di questi piatti, ci guardano con… orrore. Manco fossimo dei marziani…” riflette un po’. In silenzio
“Sai, mi viene, talvolta, da pensare che non sia un fatto casuale. Non semplicemente una ricaduta della globalizzazione, come la chiamano… Pensaci. Teoricamente, oggi, abbiamo la possibilità di mangiare meglio. Cibi migliori, come qualità delle materie prime. Abbiamo, in media, più disponibilità… Eppure, di fatto, mangiamo peggio. Ovvero il nostro cibo è uniforme. Privo di gusto. Privo di personalità. È uno standard. Sempre più universale. E abitua allo standard in tutte le cose. Si parte dal gusto, per negare ogni diversità. Anche di idee. Di opinioni. Come se non fossimo più uomini. Ma formiche. Che mangiano lo stesso cibo. Compiono gli stessi gesti. Obbediscono. E non pensano..”
Comincia ad alzarsi…
“Questa è la nuova Torre di Nimrod. La pretesa non solo di uno stato mondiale. Ma anche di una umanità ridotta a un unico io collettivo. Un abominio contro l’uomo. E contro Dio….se ci credi”
Ci avviamo verso casa. È ora di pranzo.
Che prepari? gli chiedo.
“Che vuoi che prepari? ho due ragazzi…hamburger…”
Ci mettiamo a ridere…