In Italia la notizia è passata quasi inosservata, come una ennesima bizza di Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia. Ma nel duro attacco rivolto da Ankara al Kosovo c’è molto di più e anche di molto preoccupante
Erdogan ha minacciato Hashim Thaci, presidente kosovaro, perché il governo di Pristina ha cacciato dall’esecutivo il ministro che aveva consegnato ad Ankara sei dissidenti turchi che si erano rifugiati in Kosovo.
Accusati da Erdogan di essere al soldo di Gulen, l’oppositore che è considerato l’ideatore del fallito colpo di Stato contro il presidente turco. Gulen vive negli Usa e Ankara ha chiesto inutilmente l’estradizione.
Sino a qui sembrerebbe una vicenda di poco conto, limitata a beghe interne o poco più. Invece il gioco è molto più vasto e complesso. E coinvolge tutte le grandi potenze. Perché il Kosovo ha sempre giocato di sponda con la Turchia per ottenere l’indipendenza dalla Serbia che, a sua volta, gode del sostegno di Mosca. E proprio adesso la minoranza serba, che è riuscita a sopravvivere nel Kosovo islamizzato e albanese, ha abbandonato la coalizione di governo di Pristina e ha chiesto di costituire una Unione di Comuni nel Nord del Kosovo, dove i serbi sono la maggioranza. Pristina minaccia interventi repressivi e Belgrado ha risposto che tutelerà i serbi.
Un distacco di Ankara potrebbe essere il prezzo che Erdogan pagherebbe per ottenere uno spazio anti curdo in Siria. E l’annunciato ritiro delle truppe americane dalla Siria andrebbe nella stessa direzione poiché gli americani tutelavano i curdi che, a questo punto, verrebbero cinicamente sacrificati da Trump.
Ma i vuoti, anche nella politica internazionale, vengono sempre riempiti. E il Kosovo potrebbe passare dall’orbita turca a quella saudita o katarina. D’altronde Sarajevo si è già trasformata da capitale multiculturale e multireligiosa in una città profondamente islamizzata, con profonde influenze salafite. Grazie anche ai cospicui finanziamenti arabi. Pristina potrebbe seguire l’esempio, creando nei Balcani un nuovo santuario per il radicalismo. Ed un eventuale scontro con la popolazione serba potrebbe portare ad un conflitto molto più esteso, perlomeno a livello di guerra non convenzionale a base di attentati anche in altri Paesi.