Uno scintillare di luci. E colori. Come solo in Autunno, e in un Autunno fra le montagne. E sulla riva di un lago alpino.
Caldonazzo. È meno famoso, e meno sfruttato a livello turistico, di altri laghi. Del vicino lago di Levico, ad esempio. Eppure.. è stupendo. Incastonato in una cerchia di montagne, i boschi, fitti, che giungono a lambirne le acque, limpide come cristalli. Uno spazio arioso. Dove la luce si diffonde e riflette. Un gioco di riverberi nel meriggio, che trasmette una sensazione di calore. E di vita. Anche se qui le temperature sono scese molto negli ultimi giorni.
I laghi rappresentano qualcosa di particolare. Da sempre. Una suggestione poetica che ha a che fare con le acque. Ma che è, tuttavia, diversa, enormemente diversa da quella del mare. Perché lo spazio del lago è, sempre e comunque, limitato. Definito. Può dare il senso della profondità, ma non quello di una dimensione abissale.
Dante parla del “lago del cuore”. Immagine di una sfera di emozioni, sentimenti, paure tutta personale. Individuale. Con la quale ci si si deve misurare. Che va, in qualche modo, controllata. E Gesù cammina sulle acque. Ma sono acque di lago. Nulla a che vedere con l’indetermenato del mare in cui Leopardi trova dolce il naufragio…
E il lago è ambiente di leggende. Miti. Sulle Dolomiti si raccontano le storie delle Anguanes. Stupende fanciulle, in genere. Anche se, spesso, con coda di pesce come le sirene. O anguiformi. Da cui, forse, il loro nome. Di fatto, ninfe che proteggono laghi e fonti. Famose le leggende di Alleghe. Non malvagie. Non sono “strie”. Streghe. Però…bizzose. Permalose. Molto…femminili. Di loro si raccontano amori con umani. E tante, tantissime storie lungo tutto l’arco delle Dolomiti. Nella mitologia delle Alpi, hanno un ruolo importante. Ma si ritrovano anche nelle leggende della laguna di Grado. E più giù ancora, sino nella Romagna. Forse seguendo la migrazione in Italia delle genti celtiche. Di cui, nelle fiabe, mantengono ancora l’aspetto. Bionde, la pelle chiara. Gli occhi verdi come pozzi…
Poi….le Dame del Lago. Spiriti, fate nelle fiabe popolari. Antiche divinità. Perché, come scrive W. B. Yeats, fate, folletti, gnomi non sono che antichi Dei. Che, spodestati dalla Nuova Fede, hanno trovato rifugio nei boschi e nelle caverne. Soprattutto nelle tradizioni popolari.

La Dama del Lago del Ciclo Arthuriano mantiene, per altro, molti caratteri delle antiche Dee. Bellissima, dona al giovane Artù la Spada che è emblema di una sovranità non solo terrena.
Poi, quando questi viene ferito mortalmente nello scontro finale con Mordred, il figlio maledetto, corre in suo soccorso. Lo porta sulla nave incantata, e lo conduce in Avallon. Dove Artù riposa. E attende il momento del ritorno.
È la Signora del Lago. Di uno specchio d’acqua profondo. Magico. Che ha la funzione di una porta. Un tramite tra il mondo dei vivi e il luogo ove riposano gli eroi….
Il mio sguardo continua a vagare sulla superficie del Lago di Caldonazzo. Nel sole di questo meriggio autunnale. È di una bellezza…incantevole. Non mi vengono altre parole.
Così calmo. Così luminoso.
Eppure… vi è qualcosa in queste profondità verdi azzurre. Qualcosa in questa luce…
Qualcosa di…inquietante. Come le figure femminili delle leggende.