In inverno, si sa, gli orsi cadono in letargo. Il che, però, non significa che siano inermi. Inoffensivi. Anzi…
Il sonno dell’Orso è leggero. Resta sempre, in certo qual modo, vigile. Pronto a difendersi. Ed attaccare. E, in questo caso, il suo attacco è micidiale. Mettetevi nei suoi panni, o, meglio, nella sua folta pelliccia. Non sopporta che il suo riposo venga disturbato.
Un anno fa, Kiev scatenava proprio nei giorni intorno al Natale Ortodosso, una violenta offensiva nel Donbass. Per ricondurre all’ovile la provincia – storicamente, culturalmente e linguisticamente russa – che si era proclamata autonoma dal 2014. Dopo il golpe eterodiretto che aveva portato al potere in Ucraina un nuovo governo nazionalista. Che, come primo atto, aveva negato l’uso della lingua russa nelle scuole e in tutte le sedi ufficiali. In un paese ove la, cosiddetta, minoranza russofona è intorno al 40%, e i bilingui russo/ucraino intorno al 90.
Il, feroce, attacco al Donbass con bombardamenti sistematici ed una vera pulizia etnica utilizzando milizie in buona parte mercenarie e addestrate da consiglieri esteri, passò pressocchè sotto silenzio sui media occidentali. Ma non a Mosca. Provocando l’Operazione Speciale russa di febbraio. Che era un attacco mirato a garantire la sicurezza del Donbass, e, lateralmente, ad impedire l’ingresso di Kiev nella NATO. Attacco mirato, sottolineo. Non offensiva generale volta ad occupare l’intera Ucraina. Troppo poche le truppe impiegate. Troppo limitato il raggio degli attacchi aerei.
Mosca contava su una, rapida, soluzione diplomatica che portasse al rispetto degli accordi di Minsk, sottoscritti e sempre disattesi da parte Ucraina. Soluzione resa impossibile dalla volontà di Washington, e della sua corte europea, di sostenere a oltranza Zelensky e le sue pretese assolutamente irrealistiche. Questo, probabilmente, non per simpatia per il comico che ha instaurato nel paese una tirannide personale da fare invidia a Stalin, quanto piuttosto per impegnare la Russia in un conflitto che ne logorasse le forze e distruggesse l’economia. Cancellandola quindi definitivamente da super potenza sulla scena globale.
Il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi. L’operazione speciale di Mosca non ha funzionato. E la guerra si è arenata. Ma l’economia russa non solo non è crollata, ma è in vertiginosa crescita. Anche perché Putin è tutt’altro che isolato sulla scena internazionale. All’opposto sembra essere diventato punto di riferimento per tutti coloro che mal sopportano, o temono, l’egemonia americana. Dall’Iran a, molti, paesi arabi. Dall’Africa all’America Latina. Ed è riuscito a tessere una rete di rapporti economici sempre più fitta con India e, soprattutto, Cina.
La guerra, però, ristagna. E lo Zar ha sorpreso tutti offrendo una tregua, unilaterale, per il Natale ortodosso. Che Zelensky, con la solita arroganza, ha rifiutato.
Molti hanno letto l’offerta di Putin come un segno di debolezza o stanchezza. Sperando nel letargo dell’Orso.
Speranza vana. Già in queste ore le forze russe stanno mettendo in atto una nuova offensiva. Generale, non più mirata alla sola area del Donbass. È nella loro tradizione sin dai tempi della Beresina, quando schiantarono la Grande Armata in ritirata. Nonostante il genio del Bonaparte riuscisse a limitare il disastro. E tedeschi e italiani dovrebbero ricordare ancora con terrore l’offensiva russa del Natale del ’42.
L’Orso è lento, in apparenza. La Guerra Lampo non è nella sua natura. Ma se si desta dal letargo in pieno inverno…sono dolori per tutti.