Gennaio è il mese più crudele… Lo so, a qualcuno, qualcuno di buone letture intendo, verrà subito un dubbio. Ma non era Aprile? Quello per Eliot, certo, “perché genera lillà dalla terra morta..” e rappresenta il filo conduttore di quell’inquietudine che attraversa tutta la Terra Desolata…
Ma per me – che certo manco mi sogno di paragonarmi con lui – il mese crudele, per eccellenza, resta gennaio. Le luci del Natale si vanno rapidamente spegnendo. E ancor più rapidamente svanisce l’atmosfera delle feste, quell’atmosfera in genere gravida di aspettativa, attesa, speranza. A suo modo gioiosa, e ribollente di vita, pur nell’inverno. E tale, nonostante tutto, anche quest’anno. O, per lo meno, per coloro che ancora sentono e pensano…
Di questo, a Gennaio, non resta nulla. Certo, il Sole ha cominciato la sua fase ascendente, e i giorni, pur lentamente, vanno allungandosi… Ma le tenebre ancora dominano, profonde, e il freddo si fa più pungente e intenso. È il dominio di Nonno Gelo, del Buran, il vento che soffia da nord est. Dagli sconfinati e desolati spazi della Siberia. Ed è il periodo in cui impazza lo spirito folletto che gli inglesi chiamano Jack Frost. Disegnando con la brina incredibili fiori e foglie sui vetri delle finestre…

Ha una sua bellezza, questo mese che sembra interminabile. Una bellezza dura, però. Fredda. Tanto fredda da bruciare più del fuoco. Come nella Caina dantesca, dove il ghiaccio prende finalmente il luogo delle fiamme…
La Terra non è desolata. È morta. Almeno in apparenza. La desolazione rappresenta una sfida. E promette, se superata, la primavera. Il Giardino. Ma la morte… Non lascia speranza alcuna. E la Speranza è, come si suol dire, l’ultima Dea. Dopo di lei… Il Nulla.
Gennaio sembra quasi l’immagine del nulla. Del vuoto. Il mese che, come già ho raccontato, non esiste. Alberi spogli. Prati arsi. Suolo che suona duro e cavo al passo. E poi il silenzio. Che in questo mese si dilata, ottundendo rumori, voci… Suoni. Sensazione, quest’anno, amplificata oltre il limite usuale da… beh, inutile dire da cosa. Lo sappiamo tutti, sinceramente, non ho più voglia di parlarne…
Anche questo è Gennaio, però. Perché al sentimento di attesa del dicembre, subentra una coltre di apatia. Di noia.
È la noia è peggiore di ogni dolore. Ancora Leopardi, ovviamente. Ed è la matrice dell’angoscia.

Lungo e noioso Gennaio. Persino Folgore da San Giminiano stenta, nonostante il suo spiritaccio giocoso, a dargli una veste accettabile. Parla del fuoco nel camino. Di cibi e vini. E di giocar talora con la neve, in compagnia di leggiadre donzelle. Ma si sente che si sforza. Che stenta (e se non ci fosse la neve, ma l’uniforme, gelido grigiore di queste lunghe ore?), che non vede l’ora che il mese trascorra. E che giunga Febbraio. Che certo, freddo è freddo. Ma la luce si farà più intensa. E durevole. Entrerà nel vivo il Carnevale. E poi ha il vantaggio di essere breve. E di preparare i prati per le prime fioriture di Marzo…
Leggo che, secondo alcuni studi scientifici, Il tempo non esisterebbe . Non oggettivamente. Sarebbe solo uno stato. Una percezione o rappresentazione della nostra mente… Sai la novità. Bastava aver letto Schopenhauer. O, meglio ancora, Nagarjuna…
Tuttavia, mi conferma che Gennaio non è un tempo determinato. 31 giorni. È una condizione interiore. Una sensazione che alberga in noi. E che ci avvolge e, talvolta, imprigiona. A lungo, molto più a lungo di quanto ci dica il Calendario. Certe volte Gennaio può durare un anno o più . Come il Grande Inverno che, secondo l’Edda, preludrà allo spegnersi del Sole. E culminerà nella battaglia finale…