Nel LXXIV dei Canti Pisani, Ezra Pound descrive “con uno schianto, non con una lagna” la fine di Mussolini nell’obbrobrio di Piazzale Loreto.
Lo schianto della grandezza, il fragore della potenza, l‘assassinio di una idea.
E adesso ci troviamo – non noi – a piagnucolare sugli spasimi della democrazia, sul gorgogliamento di una inettitudine, sullo sfaldamento di una credenza.
Concepita dal congiungimento spregevole dell’inganno antinazionale con l’infamia mafiosa, partorita davanti ad una sconcia pensilina con il supporto americano, svezzata da un sospetto broglio referendario, per un periodo questa democrazia sembrava manifestare una buona salute, ma una genetica deformazione l’ha portata all’attuale sfacelo fisico e morale.
Logorata da una corruzione inarrestabile, da lotte intestine tra fazioni per miserie carrieristiche e poltronesche, da una crisi di identità e di sovranità, da una totale assenza di personaggi autorevoli e di pregio, è costretta ad un miserabile gioco di sputtanamento del passato non potendo rivendicare alcun merito della sua azione e neppure di una progettazione futura.
Ecco, allora, tirare fuori dal cappello malconcio di un maghetto usurato, personaggetti inediti, totalmente oscuri, che per avere un minimo di notorietà, sono costretti a vivere della luce riflessa e distorta del fascismo.
Curvi e inaciditi, spulciano negli anfratti di ipotetiche malversazioni del passato regime; alterano fatti e circostanze, fino ad inventarseli di sana pianta; negano e oscurano qualunque verità che non corrisponda ai loro pregiudizi; assecondano il padrone della propaganda pur di non perdere la sua benevolenza e la sudata paghetta.
Non avendo nulla da contrapporre di positivo di questi decenni al deprecato ventennio, i democratici difensori di questo vuoto istituzionale si vedono obbligati ad assoldare falsificatori e ventriloqui per deviare l’attenzione del popolo dalla realtà e portarlo ad un piano di ipnotica visuale deformata della storia.
È una miseria umana diffusa e pervasiva che, quando non riesce ad infiltrarsi efficacemente nelle coscienze, chiede aiuto al giustizialismo della censura, degli inquisitori e dei tenutari dell’ortodossia democratica. Scattano, quindi, le chiusure delle pagine nei social, gli impedimenti di convegni e di presentazioni, le denunce di fantasiose apologie, le rimozioni di cittadinanze onorarie fino alle contestazioni delle cerimonie funebri.
Certo che è dura non raggiungere l’uva ed essere costretti all’autoconvincimento della sua acidità.
Comunque, si sappia che, prima o poi ci sarà un bambino innocente che smaschererà la nudità del re, e allora non ci saranno giochi di prestigio o cortine fumogene a nascondere l’oscenità di quella irrealtà.
Nel frattempo mi consolo pensando che almeno noi, per la nostra esperienza, quando non siamo riusciti a raggiungere l’uva, almeno abbiamo tentato di incendiare la vigna.
Meglio un sonoro schianto che una debilitante cachessia.