Il governo cambia nome al Reddito di Cittadinanza, si chiamerà Mia (Misura di inclusione attiva), ma continuerà a non affrontare il problema delle differenze nei redditi delle famiglie. Si ridurranno gli importi e le soglie di accesso, per escludere fino a un quarto dell’attuale platea del Rdc. Così se il Mezzogiorno fa i conti con la più alta incidenza di poveri, il Nord registra la più bassa percentuale di famiglie povere che ricevono il sussidio e la minore efficacia nel contrasto alla povertà.
Come sempre non è all’ordine del giorno il problema del differente costo della vita nelle diverse aree del Paese. Gli importi rimarranno gli stessi da Nord a Sud, dalle aree metropolitane alle zone rurali, e così le soglie reddituali di accesso al sussidio.
Secondo l’Istat le famiglie in povertà assoluta nel nostro paese sono 1,9 milioni, mentre i nuclei con Rdc nel mese di settembre 2022 sono stati 1,15 milioni: quindi almeno il 40 per cento dei poveri non lo riceve. Le regole di selezione dei beneficiari discriminano alcuni poveri rispetto agli altri.
Un urgente problema è costituito dal fatto che, nell’effettuare il calcolo della povertà assoluta, l’Istat tiene conto delle differenze nel costo della vita, mentre le regole di accesso e calcolo del Rdc sono le stesse per tutto il paese. Una conseguenza è che il numero dei nuclei poveri assoluti è simile tra Nord e Mezzogiorno, mentre il rapporto tra numero dei poveri e numero dei beneficiari del Rdc è di molto maggiore al Sud. Le famiglie povere residenti al Centro-Nord, a parità di tenore di vita, hanno redditi e patrimonio mediamente superiori a quelli dei poveri che vivono nel resto del paese e dunque sono più discriminate dalla misura e, se ammesse, ricevono un importo più basso. Sono anche penalizzate le famiglie povere residenti nei grandi centri urbani, anche al Sud, rispetto a quelle che vivono nei piccoli centri con minore livello dei prezzi.
È la ministra del lavoro, Marina Calderone, a definire il fallimento di una misura pensata per sostenere i cittadini in difficoltà economica, affermando che il RdC è stato “una logica di assistenza permanente che ci è costata 25 miliardi in tre anni senza diminuire la povertà”. La misura nata nel 2019, ancora non riesce a raggiungere tutti i “poveri”. Si prevedono scenari decisamente più allarmanti dato che, con il Rdc l’indicatore della condizione economica delle famiglie (Isee) non poteva superare i 9.360 euro, mentre con Mia la soglia scenderebbe a 7.200 euro.
La Caritas afferma che “l’unica strada consiste nell’elevare le soglie di accesso alla misura nel Settentrione”. Perché, sostiene, “la povertà è aumentata al Sud, dove i tassi d’incidenza restano i più elevati, ma un incremento relativo maggiore si è registrato al Nord”. Sarà necessario in futuro introdurre nuove soglie Isee, differenziandole tra Nord, Centro e Sud, ma anche tra grandi, medi e piccoli centri abitati. “Inoltre si potrebbe differenziare il contributo per l’affitto in base alla dimensione del Comune, come si fa con il bonus energia che dipende dalla zona di residenza”, spiega l’economista Massimo Baldini. In poche parole per trasformare le riforme servirebbe più concretezza e meno propaganda.