Le lamentazioni della Ferragni sulla sicurezza di Milano e il servizio del Corriere del 10 luglio 2022 (Milano di notte, droga escort e ragazzi zombie) hanno acceso un faro sul “Modello Milano”, esaltato spesso come modello di politica nazionale.
Dove si colloca la realtà, tra critiche, fatti di cronaca e esaltazioni mistiche?
Innanzitutto, qualche dato statistico: nel 2001, su un totale di circa 1,5 milioni di lavoratori, 450 mila erano impiegati in attività manifatturiere; nel 2018, con un totale d lavoratori sostanzialmente analogo, il numero di lavoratori impiegati nella manifattura era più che dimezzato, solo 213 mila (fonte: Assolombarda). I posti di lavoro persi sono stati recuperati principalmente nei servizi di alloggio, ristorazione, comunicazione, nei servizi professionali e nell’assistenza.
Si può quindi affermare, in prima battuta, che il Modello Milano non si fonda sulla laboriosità della manifattura, che va scomparendo. E allora, su cosa si regge?
Su diversi motivi di attrazione:
• Movida (locali, food, sesso e, soprattutto, droga)
• Eventi (moda, design, mobile) che determinano fabbisogno professionale e, in gran parte, generano a loro volta movida (vedi Fuorisalone)
• Shopping (gli itinerari turistici dell’Italia spesso si concludono con la visita a Milano, come un grande duty-free a cielo aperto)
e, più indietro,
• Arte
• Sanità di eccellenza (almeno rispetto al resto del paese)
Questi attrattori calamitano
• Turisti (che incentivano gli acquisti di immobili destinati a locazione tipo airbnb)
• Studenti (conquistati dalla movida molto più che dall’eccellenza accademica, vedi sotto)
• Professionisti (quelli che se lo possono permettere)
• Lavoratori poco specializzati (che risiedono nelle periferie).
L’imponente movimento di persone, parte stabile, parte temporaneo, alimenta nel suo complesso la bolla immobiliare e sostiene i servizi connessi. La politica si fa vanto di una città elegante e dedita al divertimento (ma solo nel centro); i grandi investitori immobiliari (fondi, banche) hanno interesse a mantenere questo modello per non sgonfiare la bolla immobiliare sulla quale hanno generosamente investito nel corso degli anni.
È evidente, invece, che non si è voluto fare della capitale meneghina un luogo di eccellenza universitaria (“QS World University Rankings e la débâcle dell’Italia: nessun ateneo si piazza tra le migliori 100 università al mondo”) né un polo di ricerca (brucia ancora la scandalosa perdita dell’EMA, Agenzia Europea del Farmaco, a favore di Amsterdam).
Obiettivi sfidanti che richiederebbero visione di lungo periodo, strategia, idee. Più facile creare un grande parco giochi per adulti.
Il Modello Milano, tuttavia, al di là di ogni considerazione etica o estetica,
• non è estendibile al resto del paese, tranne per casi limitati nel tempo e nello spazio (come le località esclusive di vacanza)
• si presenta intrinsecamente fragile, fermato da ogni pandemia e frenato da qualsiasi tensione internazionale (ad esempio, dalle sanzioni alla Russia)
• genera rilevanti problemi di sicurezza, come accade sempre quando il lusso proibitivo dei quartieri alla moda si contrappone a periferie degradate
• ma, soprattutto, è anti-ecologico: la preservazione dell’ambiente, il risparmio energetico, il miglioramento della qualità della vita, imporrebbero il ripopolamento delle aree abbandonate sul territorio nazionale, il recupero del settore agricolo, il decentramento delle attività reso possibile da smart-working e telemedicina. In una sola parola, la de-urbanizzazione, che si pone agli antipodi rispetto a una metropoli fatta di orrendi palazzoni e assurdi “boschi verticali”.