Gli ottimi corrispondenti esteri di Electomag e gli analisti di problemi internazionali che scrivono su questo giornale raccontano spesso di elezioni con risultati sorprendenti, con nuove formazioni politiche che paiono emergere dal nulla e che, improvvisamente, si impongono nei rispettivi Paesi.
A destra come a sinistra, dimostrando nel modo più clamoroso che queste definizioni sono obsolete e non descrivono più una realtà profondamente modificata.
Non si tratta solo dell’America Latina, dell’Africa subsahariana o dell’Asia Centrale. Basti pensare al successo di Macron, uomo delle banche che ha fatto sognare la sedicente sinistra italiana e che poi ha avviato una politica che piace a buona parte di Forza Italia.
D’altronde manca completamente un radicamento ideologico, manca un pensiero profondo, mancano non solo progetti e programmi ma anche un punto di riferimento ideale. Quelli che volevano cambiare la Costituzione sono gli stessi che ora vogliono scendere in piazza per difenderla. E viceversa, ovviamente.
Eppure nel mondo si riescono ad organizzare nuove formazioni politiche che si schierano contro il vecchio che avanza, che si battono contro la corruzione, che si impegnano per scollare dalle poltrone chi governa male e da troppo tempo.
In Italia no. In Italia, tutt’al più, si cambiano i nomi ai partiti che rimangono sempre gli stessi, con i medesimi volti imbalsamati da botulino e chirurgia plastica, con eterni ritorni giustificati con la pochezza del nuovo, degli aspiranti rottamatori finiti rottamati.
Così fa paura, in Italia, qualsiasi novità.
Già, ma a chi fa paura? Certo non a chi ha scelto la novità, certo non ha chi ha poco o nulla da perdere. Non fa paura a chi aveva superato la soglia di sopportazione per lo schifo precedente.
Ma fa paura, e lo si è visto in allucinanti e vergognose trasmissioni televisive, ai chierici del potere sconfitto. A chi teme di perdere privilegi che non hanno sicuramente premiato il merito, a chi è terrorizzato all’idea di non poter più pontificare senza contraddittorio perché il pensiero unico obbligatorio non prevede opposizione.
Non è che nuovo sia sinonimo di giusto, di successo, di miglioramento. Ma se in tanti sono pronti ad affrontare un salto nel buio pur di rompere con il passato, qualche domanda dovrebbero porsela i chierici pontificanti. Se non sono state sufficienti le peggiori accuse o il disprezzo verso i nuovi per scoraggiare il voto popolare, forse i chierici dovrebbero provare anche a rispondere alle domande.
Invece si continua con facce di plastica preoccupate ed altre che sbavano odio. Una curiosa alleanza tra due mondi che, sino a marzo, si odiavano.
Almeno questo è un risultato ottenuto dai barbari.