Karl Löwith scrive che c’è una profonda differenza tra il mondo in sé e per sé, e il mondo con gli uomini. Ovvero, quello che chiama il “mondo umano”.
Ora, Löwith era di famiglia ebraica. Ed era allievo di Martin Haidegger. La sua meditazione sul senso della storia, la critica di ogni forma di storicismo – che considerava la laicizzazione, e il degrado, del mito escatologico biblico – e, soprattutto, i suoi studi sull’eterno ritorno di Nietzsche, restano tra le cose più profonde e acute del primo ‘900 tedesco. Un primo novecento che, va detto, di grandi menti e profondi pensatori ne ha visti sorgere un’intera galassia. Una galassia, purtroppo, oggi spesso dimenticata. O trascurata. D’altro canto all’uomo contemporaneo gli abissi del pensiero incutono terrore. Provocano le vertigini.
Prendiamo, ad esempio, proprio questa distinzione. Tra mondo e mondo umano.
Sembra, a tutta prima, qualcosa di trascurabile. Una mera astrazione filosofica. E, invece, tocca, in modo estremamente sintetico, uno dei punti dolenti della cultura contemporanea.
O meglio, di quella sorta di vulgata mediatica che si esprime per slogan… semplificata al massimo… cultura in pillole, se vogliamo… ma proprio per questo dominante. Facile da fare digerire ai più. Alle… masse. A trasformare le persone in masse.
Il rapporto con il Mondo. Che è fondamentale, in quanto il Mondo in sé e per sé potrebbe esistere benissimo senza la presenza umana. O, per lo meno, questa è convinzione oggi diffusa. E dominante.
Però Löwith – che veniva da famiglia ebraica praticante, anche se, poi, se ne era profondamente distaccato – ha ben presente il senso del mito di Adamo. Cui Dio concede il potere di dare nome alle cose e a tutti gli esseri animati e inanimati.
Cosa implica questo? Beh, a mio modesto avviso, che il Mondo, come lo concepiamo e lo conosciamo, non esiste senza di noi. Senza la presenza, determinante e dominante, dell’uomo.
E che tutte le fantasie ambientaliste, le utopie ecologiche, i grandi progetti di salvaguardia della natura, il radicalismo “verde” (dietro al quale si cela, spesso, un fosco progetto malthusiano) altro non sono che… sciocchezze belle e buone. O meglio, brutte e cattive.
Perché partono da un concetto totalmente sbagliato. Poter pensare il Mondo in sé. Senza la presenza umana. Ed è sbagliato, proprio perché a pensarlo siamo noi. Ovvero sono uomini. Con la loro rappresentazione del Mondo. Incapaci, per forza di cose, di andare al di là del proprio interiore rappresentare. Di percepire e conoscere il Mondo al di là di questo.
Perché, alla fin fine, sempre nella gabbia di Kant ci si continua ad aggirare.
Noi possiamo conoscere la rappresentazione della cosa. Ma la cosa in sé ci resta preclusa. Un mistero insondabile.
Ora, lungi da me addentrarmi nella questione, tormentata, se esista una realtà al di là della rappresentazione soggettiva. Ne hanno parlato Schopenhauer, Pirandello, e, ben prima, i Veda. Basta e avanza.
Tuttavia è un fatto che mi appare indiscutibile che il Mondo noi lo concepiamo a modo nostro. E , sempre e comunque, sulla base dei nostri… interessi. Dando così ragione alla Bibbia.
Sotto questo punto di vista, cosa cambia se io sposo una ideologia (ovvero sistema di idee) protesa verso lo sfruttamenti estremo delle risorse naturali, o se, all’opposto divento fervente sostenitore di un ambientalismo radicale?
I contenuti, certo, sembrano opposti. Ma, nella sostanza, io penso e mi rappresento il mondo non per quello che è, ma per come vorrei che fosse. Come proiezione dei miei interessi e dei miei sogni.
Gli ecologisti che vorrebbero una natura incontaminata dall’uomo, non sono altro che una estrema propaggine di una autoproclamata élite. Che vorrebbe il mondo senza… gli altri uomini. Perché così lo concepisce, bello e perfetto… ma a proprio, esclusivo, uso e consumo. Insomma, chi sogna la natura perfetta, sogna se stesso in quella natura. E pensa che se non ci fossero altri, la maggioranza degli altri, ma solo quelli, pochi, che la vedono come lui… beh, lui starebbe proprio bene. Felice.
Certo, per i più, è un pensiero, o meglio una rappresentazione inconscia. Sicuramente lo è per gli ebeti di “Ultima generazione” e per quella strana ragazzina, dall’espressione stolida, che viene fatta girare come la Madonna pellegrina dell’ambientalismo.
Non sanno, né sono coscienti di ciò che pensano davvero.
Diverso, molti diverso sarebbe il discorso su coloro che, neppure tanto dietro le quinte, questi “fenomeni” fomentano. Creano ad arte e finanziano. Ci porterebbe lontano. A cercare di comprendere come determinati uomini stiano progettando a tavolino una terra senza gli altri uomini. A cosa agisca nella loro psiche… Cosa nutra il loro mondo di rappresentazioni malate.
Un discorso lungo. Troppo lungo…