Vecchietti terribili. Silvio Berlusconi e Adriano Galliani portano il Monza nelle serie A del calcio. Ed è la prima volta nella storia centenaria del club brianzolo. Subito scattano voci, ovviamente prive di qualsiasi riscontro, secondo cui il capitano del Torino, Andrea Belotti, preferirebbe passare al Monza piuttosto di rimanere alla corte di Urbano Cairo. Perché il vecchissimo Berlusconi ha un progetto per il futuro mentre l’unico progetto che ha il ben più giovane Cairo è quello di risparmiare.
Il calcio, ovviamente, rappresenta solo una minima parte della realtà. Non è più un gioco, non è più uno sport, è un business ma, proprio per questo, è ancor più significativo di una mentalità che sta distruggendo questo Paese. Per trovare qualcuno che abbia progetti, che investa in questi progetti, bisogna andare a cercare tra gli ultra ottantenni. Non è sempre così, ovviamente, ma Berlusconi e Cairo sono rappresentativi di due modi di interpretare la realtà.
Entrambi imprenditori, entrambi con velleità politiche, entrambi con la passione smodata per la fama. Però Berlusconi ha davvero creato un impero mediatico a sua immagine e somiglianza. Cairo ha in mano il principale quotidiano italiano e non riesce ad incidere. Controlla anche il principale quotidiano sportivo e, nel calcio, non conta assolutamente nulla. Ha una televisione e l’ha trasformata in una delle regine della faziosità stupida, con modestissimi risultati in termini di ascolti.
Berlusconi ha deciso di occuparsi di politica ed è diventato presidente del consiglio, con amicizie internazionali di altissimo livello. Ha sbagliato, ha tradito, non ha realizzato le promesse. Ma è ancora lì. Cairo sogna da sempre di avere un ruolo in politica ma ha il braccino troppo corto per investire su una propria discesa in campo. E troppo corto anche per sostenere qualcun altro in modo che possa vincere per procura.
Cairo, però, è solo il simbolo di una generazione “non finita”. Sempre irrisolta, sempre in mezzo al guado. Vorrei ma non posso. Che è pure falso. Potrei ma non voglio. Non voglio perché costa, perché è rischioso, perché è faticoso. Berlusconi ha investito denaro, impegno. Ha rischiato mettendosi contro una magistratura faziosa. Si è circondato di una corte di incapaci che non gli facessero ombra. Ha ottenuto risultati infinitamente inferiori, in politica, rispetto all’impegno ed al denaro profusi (inevitabile, se metti in squadra certi personaggi). Ha ottenuto sul piano economico risultati superiori rispetto agli investimenti (ed è un merito). Ha ottenuto sul fronte della notorietà, della visibilità, della fama, tutto ciò che poteva sognare. Ha lottato, ha vinto, ha perso, si è risollevato.
Cairo, e quelli come lui, non finiranno nei libri di storia. Non avranno folle adoranti. Non costruiranno imperi seppur effimeri. Nella migliore delle ipotesi diventeranno sinonimi di taccagneria, di mancanza di visione, di assenza di strategia. Perché, nel bene e nel male, è la generosità che porta al cambiamento.