Va bene, “il morbo infuria”.
Ma qualcuno scelto a caso tra i super esperti, senza il parere del quale per ogni dove non si muove foglia e non si prende alcuna decisione soprattutto di tipo politico, dovrebbe spiegarci alcune cose. Magari uno di quelli che di tanto in tanto compaiono in qualche telegiornale e che ci spiegano che, d’ora in poi, anche dopo la pandemia, dovremo abituarci a indossare la mascherina ogni volta che usciremo di casa, perché così eviteremo di buscarci un raffreddore o di ammalarci per le future influenze stagionali.

Per esempio: che cos’è, di preciso, “l’indice RT”? Provate a fare una ricerca su Google e vedrete che sull’argomento c’è molta confusione. Eppure viene citato continuamente in quanto è l’unico parametro in base al quale una regione può passare da zona gialla a rossa o viceversa, passando per l’arancione. Sotto 1, gialla, sopra 1 arancione, sopra 1,5 rossa.
Più o meno siamo a conoscenza che si tratta dell’indice di trasmissibilità del virus. Ma non sono pochi gli esperti che hanno messo in discussione la validità di quello che è l’unico parametro attualmente utilizzato dal governo, e che, a quanto pare, resterà in vigore fino al completamento delle vaccinazioni (“campa cavallo!”).
Facciamo un esempio: il Piemonte è rimasto in zona gialla con un Rt pari a 0,98, e d è tornato in zona arancione con un valore 1,02. Possibile che la differenza sia così rilevante (un +0,4!) per obbligare la gente a girare con l’autocertificazione in tasca allo scopo di giustificare i propri spostamenti sempre e solo, si badi bene, all’interno del proprio comune di residenza?
Inoltre qualcuno dovrebbe spiegare per quale motivo lo stesso indice si dovrebbe abbassare chiudendo bar e ristoranti e impedendo alla gente di spostarsi in un comune vicino al proprio. O che differenza ci sia tra chi sta seduto al dehor di un bar e chi aspetta fuori dal negozio in cui ha deciso di fare la spesa, o che si accalca alla cassa di un supermercato. Ma soprattutto sarebbe interessante scoprire su quali studi o ricerche scientifiche si basi la certezza dell’efficacia di queste disposizioni.

Tutti ci ricordiamo di quando, durante la prima fase della pandemia, si diceva che all’aperto non era necessario mettere la mascherina. Mentre, per entrare in un supermercato, era obbligatorio indossare i guanti di lattice. Tutte disposizioni che, dopo l’estate, sono state accantonate. Forse perché erano inutili? Evidentemente sì, visto che non sono state riproposte. Ma che dimostrano una cosa sola: anche gli esperti, o presunti tali, continuano a brancolare nel buio.
Eppure il loro parere, spesso interessato (vedi il “caso Arcuri”), ha assunto una validità di legge. Anzi, grazie ai DPCM, si è sostituito alla legge. Un modo di agire che non pare essere mutato malgrado il cambio di governo, e nonostante le enormi aspettative nei confronti di Draghi e dei suoi esperti.