Parafrasando un celebre brocardo della liturgia politica cristiana del tardo Medioevo, oggi potremmo coniare una nuova espressione di fede quale: «il Natale non muore mai!».
Anche se ci stanno provando in tutti i modi, da anni, a ridimensionare la più importante festività dei Cristiani, sento che alla fine il Natale sopravviverà. Nonostante le chiusure per il Covid19, le regole sul “distanziamento asociale”, le limitazioni dei posti a tavola per il 25 dicembre, il coprifuoco in tempo di pace (o forse siamo in guerra non dichiarata e non ce lo dicono?), i dpcm in serie, le forze dell’ordine e i giornalisti che perseguitano i cittadini italiani per le vie, quando escono. Alla fine la gioia della nascita (o della rinascita) del Puer supererà ogni dolore, ogni tristezza, ogni orrore, ogni azione disumanizzante. Perché quel bambino nato duemila anni orsono, venne proprio per illuminare i nostri cuori soprattutto nei tempi delle tenebre.
Quel 25 dicembre dell’anno zero dell’era volgare, nacque a Nazareth, in una grotta fra un bue e un asinello, un bambino venuto per portare al mondo la luce. Questa è la tradizione millenaria che ogni Cristiano ha appreso e raccontato ai figli, ai parenti e agli altri fedeli, in nome di una ricorrenza che ha davvero cambiato il corso e il senso della Storia umana per sempre.
I più eruditi sanno che quella data era già indicata come la nascita di un’altra importantissima divinità del nostro passato: Mitra, avvenuta in un cava di luce ad opera di Dio alla presenza di alcuni pastorelli. Era il Dio solare che nelle più antiche tradizioni delle religioni a noi più prossime, moriva e rinasceva ogni anno durante il Solstizio d’Inverno, quando il Sole appunto tocca il punto più basso sull’orizzonte, segnando l’inizio del nuovo anno.

Per gli Egizi, per esempio, quei tre giorni rappresentavano la rinascita del dio Horus figlio del dio solare e reincarnato in ogni faraone. Che sotto Tuthmose III fu trasformato in “Ra Horus”, unendo le figure del padre del cielo e del suo figlio regale nel sovrano unico ed eterno che “non muore mai” trasmigrando da un re all’altro.
Come appunto sostennero alla corte inglese nel XVII secolo per garantire l’ereditarietà della corona inglese agli Stuart con la formula “Rex cui nunquam moritur”. Ma fu il Concilio di Nicea del 325 d.C. a sancire che la data del Natale fosse quella di Mitra, sotto l’autorità del primo Pontefice Massimo della Chiesa cristiana, Costantino I imperatore romano per conto del “Sol invictus”. Mentre il decisivo Concilio di Calcedonia del 451 d.C. impose la dottrina della “duplice natura” di Gesù, che è ancora oggi il credo ufficiale di tutti i Cristiani del mondo.
Quella data divenne importante anche per numerosi fatti storici decisivi per le vicende del Cristianesimo e della civiltà occidentale: nel 390 d.C., ad esempio, Sant’Ambrogio Vescovo di Milano costrinse l’imperatore Teodosio I a fare penitenza per il massacro ordinato sui tessalonicesi che lo portò, un anno dopo, a sancire il Cristianesimo quale unica religio licita dell’Impero, che di fatto divenne un teocrazia; nel 537 d.C. l’imperatore Giustiniano II fece riedificare la grande basilica di Costantinopoli dedicandola a Santa Sofia, divenuta sede del Patriarcato della capitale e luogo di incoronazione dei futuri imperatori bizantini; atto che solennemente fu replicato nella notte di Natale dell’800 d.C. su Carlo “detto il magno”, divenuto così Imperatore dei Cristiani d’Occidente e corrispondente del Basileus bizantino erede dell’antico Impero romano; nell’anno 1000 d.C., invece, fu incoronato re cristiano degli Ungheresi Santo Stefano I, con una corona inviata come dono dal Papa romano e utilizzata per le incoronazioni di tutti i successori sovrani, che spesso non erano ungheresi.

Così avvenne anche per Guglielmo I “il bastardo”, incoronato Re d’Inghilterra come tutti i suoi successori, anch’essi spesso non di nazionalità inglese; ancora, nel 1130 d.C. fu elevato e incoronato a Re di Sicilia Ruggero II, nella cattedrale di Palermo che conserva ancor oggi uno stupendo mosaico che rappresenta proprio la deposizione della corona regale sulla testa del sovrano da parte di Cristo in persona; importantissima fu la ricorrenza del 1223 d.C., quando San Francesco d’Assisi inventò il Presepe “vivente” a Greccio, per ricordare le umili origine di Nostro Signore e riportare il Cristianesimo a una dimensione popolana e viva; nel 1521 d.C. accadde anche che i luterani celebrassero a Wittemberg la prima messa di Natale in lingua tedesca, ponendo così le basi della Riforma e della nazione germanica; accadde anche nel 1538 d.C. con la prima messa cristiana nell’attuale Messico, che al tempo era una nuova colonia spagnola abitata da indigeni pagani.
Nel 1604 d.C. fu celebrata la prima messa di Natale dai coloni del Maine, la prima in assoluta nei futuri Stati Uniti; nel 1818 d.C. venne eseguito per la prima volta in Austria il celebre canto di Natale “astro del ciel”; nel 1868 d.C. il Presidente Usa A. Jackson concesse la grazia a tutti gli ex-combattenti “sudisti” nella Guerra di secessione; alla mezzanotte del 1914 d.C. sui campi di battaglia francesi, le truppe tedesche cessarono il fuoco e diedero inizio alla cd. “tregua di Natale”, uscendo dalle trincee per abbracciare i nemici anglo-francesi; nel 1939 d.C. venne letto per la prima volta alla radio il “Canto di Natale” di C. Dickens; nel giorno di Natale del 1977 d.C. il Primo Ministro israeliano (di fede ebraica) M. Begin incontrò il Presidente egiziano (di fede islamica) A. Sadat per avviare trattati di pace; nel 1991 d.C. il Presidente dell’URSS, M. Gorbaċëv, si dimise dopo aver avviato la Glasnost e la fine della “guerra fredda”; infine, nel 2005 d.C., Papa Benedetto XVI pubblicò la sua prima enciclica “Deus caritas est” per ricordare a tutti i Cristiani del mondo che Dio Padre è il nostro amore e che insieme sono la condizione di pace e unità ecumenica per tutto il mondo.

Ritorna, quindi, ogni Natale da duemilaventi anni orsono, il messaggio (“evangelo”) di un maestro spirituale, nato per immacolata concezione divina, rivolto in primis agli israeliti, giunto poi a tutte le gentes (“gentili”) e quindi universale, grazie all’impegno della Chiesa Cristiana e degli imperi cristiani che si susseguirono nei secoli a venire.
Rileggendo le sue parabole, si comprende come l’amore per il prossimo sia il senso del suo insegnamento, la necessità di perdonare per guarire, il rispetto a prescindere per ogni altro essere umano, la volontà di andare incontro a chiunque, il ricordare che siamo solo uomini e non abbiamo facoltà di giudicare chicchessia, la convivialità e unità della sua comunità originaria degli Apostoli e dei discepoli, il richiamo a osservare meglio sé stessi prima di criticare il mondo attorno. Tutti concetti spirituali ed etici che furono utili a costruire prima le comunità cristiane europee, quindi a definire quelli che oggi sono detti i “diritti umani” di ogni persona sulla Terra. Il collante che tiene insieme un universo intero di miliardi di esseri umani, molto più del denaro o delle reti di connessione.
Oggi si vorrebbe celebrare/sostituire la festa del “Dio della luce” al Natale, ma questo non sparirà e si rinnoverà, come sempre. Perché la luce del cuore e dello spirito è superiore ad ogni altra forma di energia, anche quella della mente e della volontà: lo hanno scritto e ribadito i più grandi teologi e pensatori dell’umanità. Quantomeno, non se ne può fare a meno. Così come non si può fare a meno del Natale in famiglia e con le persone care, della Messa che celebra la (ri)nascita del figlio immortale di Dio, morto e rinato per riportarci la luce della fede nell’amore di Dio e della speranza in un futuro più grande. Altro che “luce in fondo al tunnel”!