Andrés Manuel López Obrador, conosciuto dai suoi sostenitori come AMLO, è entrato in carica lo scorso 1° dicembre.
Il neopresidente indicato dalla stampa occidentale e dai suoi detrattori per tutto il corso della campagna elettorale come un pericoloso populista di sinistra vicino al castro-chavismo si sta dimostrando un ottimo Capo di Stato, assumendo posizioni il più delle volte condivise anche da chi inizialmente lo avversava.
A stupire i suoi detrattori è la modalità con cui il sessantacinquenne presidente esterna le proprie dichiarazioni dimostrando, il più delle volte, che il populismo (di sinistra o di destra che sia) non debba per forza far uso di toni alti e modalità sgradevoli.
La battaglia con l’ingombrante vicino di casa statunitense non è, finora, mai andata oltre il posizionamento sulle sponde diametralmente opposte delle singole questioni. Facilitato secondo molti analisti proprio dalla presenza di un inquilino ispanofobico come Trump alla Casa Bianca nel corso della campagna elettorale, AMLO batte spesso i tasti sulla riappropriazione dell’eredità storica del suo Paese invece che scadere in una vuota spirale di insulti verso il suo rivale.
Anche la gestione dell’emergenza della carovana dei migranti partita dall’Honduras e quella dei nuovi accordi relativi al Nafta (l‘accordo di libero scambio tra Usa, Canada e Messico) hanno mostrato le indubbie capacità da statista dell’eterno candidato della sinistra messicana che, con una grande mossa politica, ha rinunciato alla storica residenza nel palazzo presidenziale di Los Pinos per dimostrarsi, ancora una volta, più vicino al popolo che agli abituali inquilini dell’alta società.
In politica estera AMLO ha ribaltato la posizione del Messico sulla situazione venezuelana ponendosi in contrasto con le ingerenze volute dal Gruppo di Lima che ha riconosciuto immediatamente l’autoproclamato Guaidò come legittimo presidente della nazione sudamericana. Il governo messicano ha assunto un ruolo fondamentale, al pari dell’Uruguay di Tabaré Vázquez, nel corso della conferenza internazionale di Montevideo.
Paradossalmente le prime contestazioni al leader populista sono giunte dalle organizzazioni indigene che accusano AMLO di non aver interrotto la costruzione della centrale idroelettrica di Huexca. In ogni caso è sulla politica economica che i cittadini attendono con ansia un cambio di registro iniziato con l’incremento del salario minimo.