Non c’è nulla di peggio dell’invidia del vecchio nei confronti del giovane che riesce a fare ciò che l’anziano può solo immaginare. Solo questa sorta di risentimento senile può spiegare il comportamento del sultano di Arcore, attraverso le reti Mediaset, nella vicenda della caduta del Conte bis e nel tentativo di affidare a Draghi il nuovo esecutivo.

Risentimento nei confronti di Renzi, figlio politico di Berlusconi ma ancora più cinico del sultano. Un Renzi privo di scrupoli e di ideali, che punta solo all’autoaffermazione. Ma risentimento anche nei confronti di Salvini e Meloni. Più Salvini che Meloni, in realtà, perché Berlusconi è sempre stato convinto di poter controllare la Lega, anche per ragioni di contiguità territoriale. E invece Salvini non solo si è smarcato ma ha pure divorato buona parte dei consensi di Forza Italia.
Mentre Fdi rimaneva pur sempre una realtà estremista, lontana dalla visione del sultano. Che poteva gradire la compagnia di La Russa e pochi altri, ma che non gradiva la campagna acquisti di Meloni tra gli ex forzisti.
Il risentimento si esprime ora con l’entusiasmo per la scelta di Draghi da parte di Mattarella che ha escluso il diritto di voto degli italiani, salvando Forza Italia dall’ennesima sconfitta. Perfettamente in linea con Renzi, all’apparenza. Poi, però, attraverso Mediaset – che non rappresenta l’intera Forza Italia – sono state lanciate polpette avvelenate per far fallire l’operazione. Perché mentre Draghi doveva ancora iniziare i colloqui con partiti e coalizioni, il partito Mediaset si dedicava alla provocazione, lanciando le candidature come ministri di Lamorgese, Boccia, Del Rio, Severino.

Nomi che imporrebbero alla Lega un rifiuto netto, totale. Anche all’ala governativa di Giorgetti e Zaia che, senza una provocazione di questo tipo, sarebbero schierati con Draghi. Un rifiuto che si andrebbe ad aggiungere a quello della Meloni.
Però quegli stessi nomi, magari con l’aggiunta di Bonafede, potrebbero spingere i 5 Stelle ad appoggiare Draghi, anche a costo di una profonda spaccatura interna che renderebbe indispensabile l’ingresso in maggioranza di Forza Italia. A quel punto Berlusconi sosterrebbe Draghi facendosi promettere da Renzi, in cambio, un sostegno per l’elezione al Colle proprio del sultano di Arcore. Renzi non avrebbe alcuna difficoltà a promettere, ben sapendo che l’anno prossimo ignorerà l’impegno.
E mentre i partiti giocano alle alleanze ed ai tradimenti, il mondo reale attende di capire se il Draghi chiamato a formare il governo è l’allievo dell’economista keynesiano Caffé oppure il banchiere del Britannia. Se è il grande difensore dell’idea di Europa o se è il rappresentante della City di Londra e delle multinazionali statunitensi.

Domande che esulano dalle capacità di comprensione di chi naviga tra Azzolina e Gelmini, tra Toninelli e Brunetta.