Il nuovo governo rosso-giallo sembra intenzionato a operare una modifica della legge “Quota 100”, varata lo scorso gennaio, anticipando di un anno la fine della sperimentazione: dal 2021 al 2020. In parole povere quota 100 resterà solo un altro anno.
E ciò dovrebbe accadere malgrado le domande per il prepensionamento arrivate all’Istituto di Previdenza siano state circa la metà di quelle previste. In questo modo la maggiore spesa previdenziale potrebbe ridursi fino a 4 miliardi nel 2020. Lo ha detto proprio il 9 settembre il presidente Pasquale Tridico, in singolare coincidenza con il discorso di Giuseppe Conte alla Camera, nel corso del quale, come in molti hanno notato, il premier non ha mai citato il provvedimento, mentre invece ha confermato la continuità del reddito di cittadinanza..
Contemporaneamente l’Inps ha anche diffuso nuovi dati sulle domande per l’anticipo con 62 anni e 38 di contributi che sono cresciute del 20% negli ultimi tre mesi, per arrivare a 176mila.
I primi veri incontri tecnici al Ministero dell’Economia cominceranno già questa settimana, anche perché l’orientamento che il nuovo governo deciderà di adottare sulla spesa pensionistica dovrà già essere indicato nella nota di aggiornamento al Def, attesa per il 27 settembre. Ma con il trascorrere delle ore già sale l’opzione dello stop anticipato di un anno, a fine 2020, della sperimentazione triennale prevista dalla legge di Bilancio gialloverde.
Al momento il dibattito tra i due nuovi contraenti della maggioranza parlamentare è ancora aperto. Da una parte Marcello Dell’Uva, capogruppo pentastellato alla Camera, durante il suo intervento sulla fiducia ha affermato che “Quota cento non si tocca”, dato che il provvedimento era previsto nel loro programma elettorale.
Nel Pd c’è chi, invece, non esclude la reintroduzione dell’adeguamento automatico all’aspettativa di vita sui pensionamenti anticipati.
Insomma: coloro che hanno deciso di rinunciare al prepensionamento convinti che avrebbero avuto altri due anni di tempo per pensarci, saranno costretti a riformulare i propri piani. Visto che il nuovo governo sembrerebbe intenzionato a ridimensionare di un anno la sperimentazione della legge, nulla vieta che, per ragioni di risparmio, non prevalgano intenzioni più radicali che portino all’abolizione del provvedimento. Il che creerebbe una sorta di privilegio per quelli che ne hanno approfittato subito, con tutte le conseguenze di anticostituzionalità che una tale presa di posizione comporterebbe.
Ma con l’Europa e le agenzie di rating che soffiano sul collo per indurre l’Italia a ridurre il debito pubblico, non è detto che per il futuro non ci vengano propinate queste ed altre decisioni impopolari.