Il circoletto magico che si occupa della comunicazione di Giorgia Meloni non sarà in grado di scrivere i contenuti, ma per una volta ha azzeccato un titolo: “Piano Mattei per l’Africa”. Suona bene e, in teoria, è anche un progetto intelligente. Persino lungimirante. Realizzabile, a differenza della idiozia totale del blocco navale davanti alle coste africane, promesso in campagna elettorale.
Però, appunto, è solo un bel titolo. Innanzitutto perché tra Mattei e la coppia Tajani/Crosetto esiste un abisso in termini di qualità e di visione politica. In secondo luogo perché la depredata Italia non è in grado, da sola, neppure di pensarlo un “Piano” di questo tipo. Ed in terzo luogo perché – come ha ben spiegato Marco Valle presentando ai marinai di Carmagnola il suo libro “Patria senza mare” – un conto è poter decidere liberamente in politica estera, pur facendo parte di un’alleanza internazionale, ma tutt’altro conto è prendere iniziative di questo tipo restando al guinzaglio di Washington.
Perché un Piano Mattei per l’Africa non potrebbe prescindere da un cambio di rotta radicale della politica estera relativa alla Turchia ed ai Paesi arabi del Golfo. Tutti già coinvolti nella politica africana. Come è già coinvolta la Cina e pure la Russia. Davvero, alla Garbatella, credono di poter avere un ruolo in questo scenario se, per ogni decisione, devono passare attraverso l’approvazione statunitense? Davvero, alla Garbatella, non si sono accorti che l’espansione in Africa di Cina, Russia, Turchia, Arabia Saudita, Emirati e persino India, è stata determinata dall’arroganza e dall’unilateralismo di Washington? Davvero, alla Garbatella, non si sono accorti che il padrone Biden ha scelto Macron e non Meloni come paladino atlantista sulla scena africana nonostante il continuo arretramento di Parigi?
Certo, l’Italia sarebbe perfetta per il ruolo da protagonista in questo Piano Mattei. Un destino Mediterraneo obbligato dalla stessa geografia. Ma non basta la geografia se cuore e cervello sono bloccati a Washington o a New York per accontentare Wall Street. La geografia obbligherebbe anche ad un diverso rapporto con i Paesi europei con cui condividiamo le Alpi, spina dorsale del Vecchio Continente. Invece niente. Chiusi dentro il grande raccordo anulare di Roma, aspettando gli ordini dagli Usa, si riesce a perdere il confronto con una Francia in crisi; non si costruisce nulla con Svizzera ed Austria; ci si affida alla Provincia di Trento per rafforzare i rapporti con la Slovenia; si assiste impotenti alla spartizione della Libia tra Turchia, Russia, Egitto, Qatar; si osservano le iniziative dei terroristi in Africa che utilizzano le armi inviate a Zelensky; si tace, con crescente imbarazzo, di fronte ai continui sbarchi di clandestini che non vengono rispediti al mittente nonostante i grandi proclami.
E con queste premesse si pretende di essere credibili quando si parla di Piano Mattei? Mattei è stato assassinato perché aveva creato problemi all’asse atlantista del petrolio. Perché aveva sostenuto la lotta anticolonialista in Algeria. E si era così conquistato quella credibilità internazionale che gli permetteva di muoversi con successo in Africa e nel Vicino Oriente. Il Piano Mattei in versione Garbatella prevede, al contrario, di muoversi per conto dell’asse atlantista che l’Africa non sopporta più. Prevede un ruolo fondamentale di Bruxelles, capitale del Paese che ha rappresentato il peggior esempio di sfruttamento coloniale. E prevede l’inevitabile presenza francese che, attraverso il franco Cfa, continua a sfruttare le ex colonie.
Ma, forse, l’Italia riuscirà a vendere qualche arma in più, facendola pagare ai contribuenti italiani in nome della solidarietà. Ed allora si capiscono tante cose..