C’è un luogo, a Torino, dove si è spesso decisa la politica subalpina senza troppi squilli di tromba e rulli di tamburo. Ed è la struttura in perfetto stile razionalista (mai oserebbero definirla “architettura fascista” i cultori del politicamente corretto) del Politecnico. Considerando i non brillanti risultati della città non ci sarebbe da vantarsene troppo, però grazie ai media locali i disastri vengono nascosti ed i (pochi) risultati positivi immancabilmente esaltati.
Il Poli aveva già fornito il sindaco Castellani, l’uomo del “a Torino ci conosciamo tutti” per giustificare cooptazioni ed incarichi agli amici degli amici. Il sindaco che, con la conquista delle Olimpiadi invernali, tentò di mascherare la crisi strutturale della capitale subalpina. Una crisi che non venne affrontata nonostante i rapporti sempre più stretti tra la città ed il Politecnico.
Non si possono certo dimenticare le lauree honoris causa elargite ai potenti della città, proprio per rinsaldare i legami. E poi Francesco Profumo, persona di qualità, brillante rettore del Poli capace di distinguersi nettamente rispetto al predecessore ed al successore. E poi arrivato al vertice dell’Iren e successivamente della Compagnia di Sanpaolo (oltre che della fondazione trentina Kessler) dopo una dimenticabile avventura ministeriale nel governo del grigiocrate Monti.
Ma anche Appendino non ha fatto a meno del Poli, scegliendo Montanari come vicesindaco poi cacciato. Ed ora Stefano Lo Russo, altro docente di corso Duca degli Abruzzi, è il nuovo sindaco dopo aver superato la concorrenza interna, nella prima fase, del rettore Guido Saracco. Che, comme d’habitude, non vuole restare fuori dai giochi. E lo fa in modo intelligente.
Saracco non chiede posti, non vuole strapuntini per i suoi fedeli. Ma, consapevole del basso livello complessivo della classe dirigente torinese, offre competenze, studi, analisi, progetti. Tutto molto bello, molto giusto. Persino affascinante. Non bisogna dire che ricorda molto il progetto corporativo di Ugo Spirito..
Peccato che il basso livello della classe dirigente non sia una prerogativa della parte politica. E, nella società civile, coinvolga proprio il mondo universitario. Se Poli ed Ateneo non brillano in nessuna classifica delle migliori università internazionali, benché vengano incensati ed osannati dai media di servizio, significa che non siamo in presenza del migliore esempio per il rilancio della città.
Se l’innovazione industriale stenta, se lo sviluppo urbanistico torinese è stato architettonicamente pessimo, se le start up non decollano, forse prima di autoconsacrarsi occorrerebbe provare a cambiare qualcosa.