I seguaci dello Student Union dell’Università di Manchester, in Gran Bretagna, hanno cancellato da un mural il testo della poesia di Rudyard Kipling intitolata “If”.
Secondo loro il testo sarebbe razzista, irrispettoso degli studenti neri ed asiatici che frequentano la stessa università, in quanto l’autore avrebbe esaltato nelle sue opere il colonialismo inglese.
“Riteniamo che Kipling rappresenti l’opposto di liberazione, emancipazione e diritti umani”, hanno spiegato gli studenti.
Secondo loro lo scrittore è “ben noto come autore del poema razzista “Il fardello dell’uomo bianco” e di una pletora di altre opere che cercavano di legittimare la presenza imperiale britannica in India e disumanizzare le persone di colore”.
Peccato che il testo incriminato non faccia il minimo riferimento alla “razza” ma sia una sorta di poesia, scritta a beneficio del figlio, su come si debba affrontare l’esistenza. Tanto che lo stesso scritto spesso viene riproposto come testo di riferimento per i giovani su come diventare uomini forti e privi di timori di fronte alle difficoltà della vita.
Antonio Gramsci lo divulgò con il sottotitolo di “Breviario per i laici”, mentre Indro Montanelli lo definì un manifesto dello stoicismo moderno.
Ma questo agli studenti inglesi non deve interessare un gran che, impegnati come sono a perseguire a tutti i costi lo smantellamento della cultura occidentale in favore di un mondialismo non meglio definito. Un operazione che, per ciò che riguarda gli atenei d’oltre Manica, non è affatto isolata.
La campagna contro il premio Nobel per la letteratura si colloca piuttosto in una sistematica opera di “epurazione” culturale e storica, sviluppata da tempo all’interno delle istituzioni universitarie britanniche da parte di alcune frange del radicalismo studentesco. Dalla rimozione dei ritratti degli ex presidi bianchi (perché offendono la sensibilità delle persone colored) del King’s College di Londra, alla campagna, messa in atto dalla Soas Student Union, un’organizzazione studentesca universitaria, che ha invitato a non studiare più i filosofi bianchi, dalla campagna, condotta dagli studenti di Oxford, per rimuovere la statua di Cecil Rhodes, uno degli artefici, nella seconda metà dell’Ottocento della politica inglese in Africa meridionale, alle richieste di “decolonizzare” i programmi, aprendoli “ad autori e punti di vista extra-Europe.”
Chissà: forse un giorno gli stessi studenti si dedicheranno allo “sbianchettamento” anche di Fahrenheit 451 di Ray Bradbury perché non vi riconosceranno i necessari requisiti del “politicamente corretto”.
Senza rendersi conto che, nella distruzione di un’identità culturale costruita su secoli e secoli di storia, avranno solo sostituito il bianchetto al lanciafiamme.