“Senti… ma è vera sta storia?” il tono è brusco. Il viso corrucciato. Come sempre ormai. Mio figlio sta entrando nell’adolescenza.
Quale storia?
“Questa, che ho letto da qualche parte, sul tablet, mi pare.. Che ci sono dei pozzi dove, se esprimi un desiderio, quello poi si avvera…”
Sì. È una vecchia tradizione. Pozzi e fontane, anche. Ma non tutti. Solo alcuni. Antichi. E poi dipende dal desiderio… Per esempio qui a Roma c’è la Fontana di Trevi. Si dice che, se vi getti una monetina voltando le spalle, prima o poi tornerai a Roma…
Mi guarda.
“Sai che desiderio… Che mi frega? Io a Roma ci sto già… E vorrei andarmene” scuote le spalle e si allontana. Brontolando…
Accendo la pipa. Come spesso accade, le domande, un po’ surreali, di mio figlio mi spingono a divagare col pensiero. A inseguire vecchi ricordi o frammenti di letture dimenticate.
I pozzi magici. La fontane incantate. Ne è piena la letteratura. E soprattutto ne sono zeppe le credenze popolari. In Italia, ma non solo in Italia. Un po’ in tutta Europa, ed anche al di là dei nostri confini. Il Maghreb arabo. Il mondo iranico…. In pratica non c’è luogo o paese, città o villaggio, ove non si raccontasse la storia, magica, di un pozzo o di una fontana. Dico “raccontasse”, perché anche queste storie vanno ormai sbiadendo nella memoria collettiva.
Il pozzo. Unisce due caratteristiche. L’acqua e la profondità. L’acqua è elemento fluido. Il mutamento, lo scorrere del tempo. Inafferrabile, in fondo, anche quando è ferma. O appare tale. Ed è, spesso, simbolo dell’anima. Se preferite, della psiche. Che è, poi, la stessa parola, come significato, non come etimologia. Perché in greco “anemos” significa vento. Aria. E il senso cambia profondamente. Perché il corrispondente latino sarebbe Spiritus.
L’anima, quella che si rappresenta con l’acqua, è la sede dei desideri. Di ciò che vorremmo. Usando il condizionale. Perché desiderare non è volere. Volere è altro. È oltre. Il volere è forza. Il desiderare, in certo qual modo, no. È ciò che ci vincola alle cose. Che ci trascina. Che ci imprigiona nel ciclo dell’esistenza. Che è, a sua volta, un succedersi di desideri e frustrazioni. Il Vorrei e non vorrei, mi trema un poco il cor… Mozart, il don Giovanni. E lui la sapeva lunga sulla natura umana . Molto più di quanto traspare dall’apparente brio della sua musica.
Nel pozzo vi è l’acqua. Però è in profondità. Da lì può venire la salute. E infatti molti erano i pozzi cui venivano attribuiti poteri terapeutici. Però la profondità acquea è ambigua. Pericolosa. Può dare, certo. Ma spesso si deve pagare un prezzo. Alto.
Nel presepe tradizionale napoletano dovrebbe sempre essere presente un pozzo. Ma sul pozzo, spesso, compare uno strano personaggio. O meglio, un personaggio che appare strano in quel contesto. Il Diavolo. E le leggende sul Pozzo del Diavolo sono diffuse un poco ovunque. Perché il Diavolo può esaudire molti dei nostri desideri. Ma chiede un prezzo ben preciso. Ed è un esattore spietato.
La profondità rappresenta ciò di cui non siamo davvero coscienti. Un abisso di desideri che urgono dentro di noi. E che, in molti pozzi, ristagnano. Imputridiscono e ammalano chi vi si abbevera.
La fontane hanno una simbologia più..fresca. Ma anch’esse rappresentano la volubile natura dei desideri umani. Della nostra psiche. Pensate alle due fonti del Furioso di Ariosto. Quella dell’odio e quella dell’amore. Permettono al poeta di innescare una serie di meccanismi fantastici. Ma, in fondo, stanno a rappresentare come noi non si abbia controllo alcuno delle nostre passioni. Anche delle più importanti. E come queste siano, alla fin fine, acqua. Mutevole, ora pura ora stagnante. Acqua che disseta, acqua che avvelena…
Fonti e pozzi, nel mito greco, erano abitati dalle Naiadi. Che sono ninfe delle fonti d’acqua dolce. Giovani donne bellissime e seducenti. Delle quali, però, era pericoloso innamorarsi. Perché ti potevano trascinare con loro, in una profondità abissale. Dove ti saresti perduto per sempre. Affogando.
Miti simili si trovano anche altrove. Le Aguanes delle Alpi. Strane figure femminili, talvolta mostruose, più spesso incantevoli e bellissime. Come nei dipinti di Waterhouse. Che raffigura miti celtici, divinità e figure leggendarie del mondo gaelico. E le Aguanes appartengono ad un universo reto-celtico che resta, ancora e sempre, un mistero.
E poi vi è il mito norreno di Mimir. Che custodisce il Pozzo ai piedi del Frassino cosmico. La sua acqua è conoscenza. Odino, per poterla bere, deve però pagare il tributo che Mimir pretende. Un occhio. Conoscere gli abissi della propria psiche, acquisire una visione che vada oltre i limiti dell’umano implica perdere qualcosa, una parte della vista ordinaria delle cose. Di quella che chiamiamo realtà.
Già… Il Pozzo dei desideri. Chissà se la domanda di mio figlio ha un senso. Se esiste davvero. E che cosa, però, dovrei buttarvi dentro per poterli realizzare. Non credo che basterebbe qualche centesimo, come a Trevi.
E poi… vorrei davvero realizzarli quei desideri? E , soprattutto, vorrei davvero che emergessero dalle profondità e divenissero reali?