In un mosaico al Museo Nazionale Romano, compare un cesto ricolmo di frutta. Dove fa bella mostra di sé un…ananas. Non è l’unico caso. Un altro ananas è raffigurato in un affresco pompeiano, e una statuetta di fanciullo, conservata a Ginevra, tiene in mano un ananas.
Mbhè? E allora? Che problema c’è? I romani avranno apprezzato anche quello con altri frutti…
Vero. Erano grandi consumatori di frutta d’ogni tipo. Che preferivano molto matura, quasi marcia. D’altronde non avevano lo zucchero…
Però un problema c’è. Perché, vedete, l’ananas, a quanto risulta, è arriva dalle Americhe. Quindi con Cristoforo Colombo ed epigoni. E qui, invece, siamo nel primo secolo dopo Cristo o giù di lì. Un poco troppo anzitempo…
Ora, so bene che si sono date le spiegazioni più disparate, manipolazioni successive, ipotesi di coltivazione del frutto in Africa (senza prove), addirittura che non di un ananas si tratterebbe, bensì di una normale pigna….che poi ci facessero i patrizi romani con una pigna in un cesto di fichi, cachi, uva, nessuno te lo spiega. Forse allora dicevano: al plebeo non far sapere quanto è buono il cacio con le pigne…
Comunque, io non mi occupo di ipotesi di Fanta-storia alla Peter Kolosimo, che pure leggevo di gusto da ragazzo. Piuttosto, sono un collezionista di anacronismi. E di anacronismi nella narrazione storica, o meglio di anelli che non tengono ve ne sono parecchi. Ad esempio siamo convinti che i cacciatori raccoglitori del paleolitico vivessero in piccoli gruppi familiari, in spelonche, privi di qualsiasi cultura religiosa. E poi veniamo a scoprire che in Turchia, a Göbekli Tepe, vi è un complesso in pietra che rivaleggia con Stonehenge. Una sorta di grande santuario, punto di incontro e di culti per molte genti. Solo che tutte le analisi portano a ritenerlo un sito del paleolitico. Come la mettiamo con la convinzione che solo con il Neolitico sarebbe cominciata una vita comunitaria e una cultura complessa? È una domanda. Non ho risposte. Nè tanto meno certezze.
E il ritrovamento di ceramiche identiche a quelle del periodo Han cinese nel Messico pre-colombiano? E certe grandi città neolitiche nei Balcani e nell’Europa centrale? Ma l’urbrnizzazione non era cominciata in Mesopotamia? Queste sembrerebbero addirittura antecedenti.
Ora subito qualcuno si metterà a ridere con aria di superiorità, sopratutto quelli che l’ultimo libro di storia che hanno aperto è stato il Sussidiario delle elementari. Più o meno gli stessi che acquisiscono certezze scientifiche ascoltando Burioni nel salotto di Barbara d’Urso. Ancora piacevole da guardare per altro… Lei, non Burioni.
Io, che un poca di storia l’ho studiata, e soprattutto letto tante storie, queste beate certezze non ce le ho proprio. E l’ananas mi crea un problema.
Perché mi fa capire che la Storia, con la maiuscola, semplicemente non esiste. Esistono tante diverse narrazioni, spesso contraddittorie fra loro. Narrazioni parziali sempre, talvolta completamente false. Nelle quali, di volta in volta, gli uomini vogliono credere. Convinti da misteriosi persuasori occulti? O forse soltanto da versioni che prendono piede perché più facili, semplici da accettare. Acquietanti. Che non ti costringono a troppe domande. Al dubbio. Che è sempre difficile da affrontare rispetto ai luoghi comuni. Alle, cosiddette, verità precostituite e predigerite.
Quante storie abbiamo dimenticato? Quante civiltà, popoli, culture sono scomparse dalle narrazioni ufficiali, per riemergere solo nei sogni, allucinati, di scrittori come Howard o Lovecraft?
Quante cose ci sono fra terra e cielo che non stanno nella tua filosofia, mio caro Orazio?
Sì, lo so, alquanto scontato. Ma una citazione di Shakespeare, a questo punto, ci stava bene…