Cammino dopo una notte di pioggia. L’aria decisamente più fresca, ma non fredda ancora, le nuvole ancora basse. Circondano le montagne. Al Vezzena fanno corona. In lontananza, le Cime del Brenta sembrano brillare. Il Sole, per quanto non chiaramente visibile, le illumina.
Poca gente in circolazione. È giorno festivo. Ed è autunno. Più che altro, visto il tempo e l’ora, proprietari di cani. Per loro non esistono feste o intemperie. A quella’ora devono uscire. Senza possibili deroghe.
Due levrieri, snelli, eleganti. Uno dal manto rossastro, lungo. L’altro a pelo corto. Bianco a macchie nere. Zampettano felici sulle foglie bagnate. A tratti, alzano i musi affusolati per annusare a lungo l’aria con aria soddisfatta.

Hanno ragione loro. Un’aria così fresca e pulita va annusata. Inspirata profondamente. Mi fermo. E li imito.
La sensazione è, vagamente, inebriante. Quasi quasi mi fa girare la testa. Siamo sempre meno abituati all’aria pura che penetra, in profondità, nei polmoni. Ormai, in città, siamo usi respirare a stento. Con fatica. A labbra serrate.
Il delirio sanitario, poi, ha fatto il resto. Vi sono individui (definirli persone non mi riesce) che da oltre due anni non sanno più cosa significhi respirare senza un filtro davanti alla bocca. Una pezza. Inevitabilmente lurida. E, se vogliamo essere precisi, contaminata. Vera coltura di germi, batteri, virus e altre schifezze. E, naturalmente, antiestetica e disgustosa.
Ma così è….il senso estetico si è volatilizzato col buon senso…
Zombi con la mascherina se ne vedono anche qui, naturalmente. Anni di peste (parlo di quella mediatica che ha spappolato i cervelli) hanno lasciato strascichi un po’ ovunque. Però sono più rare che in città. A quest’ora poi…
Continuo a respirare profondamente. In modo ritmico. Un ritmo calmo. Andamento lento, anche nel passo. Non ho ragioni di avere fretta. Non oggi. Non più… forse.
A poco a poco la mente diviene vuota. Silente. Non che non vi trascorrano pensieri, preoccupazioni, ansie. Quelle vi sono. Come sempre. E, come sempre, proiettate nel futuro.
Ma, appunto, trascorrono. E passano veloci. Come le foglie secche portate da questo vento, greve dì umidità. Prima o poi, si poseranno. Allora mi preoccuperò di raccoglierle. E spazzarle via.
Ora…mi limito a guardarle. Mentre mi svolazzano intorno..
Mi fermo ancora per guardare le montagne. Le nuvole si stanno diradando. Verrà una bella giornata. In fondo, l’estate di San Martino non è poi così lontana.
Respiro ancora, come si suol dire, a pieni polmoni.
È tutto perfetto…quasi. Mi manca… suona il telefono. Ecco, ora il quasi se n’è andato con le foglie. Nel vento pervaso dalla luce dell’Aurora.