Arieccolo! direbbero a Roma. È tornato, alla fine. Apparso dal buio, si è seduto, lento e pesante, davanti a me. Si è guardato intorno, poi, con aria soddisfatta, ha abbozzato quella sua specie di sorriso sotto la fluente barba brizzolata.
“Beh, devo dire che ti sei sistemato proprio bene qui”.
Già… è dai tempi di Roma che non ci vediamo. Non che sentissi la tua mancanza….
Ridacchia, ora.
“Ma se sei proprio tu che mi hai chiamato… lo hai anche scritto, tra le righe, qualche giorno fa..”.

Devono essere passate da poco le 3. Del mattino.. la solita notte insonne. O, per lo meno, mezza insonne. Sono qui, sul divano, al buio. Fumo la pipa, e lascio vagare i pensieri. In attesa di un sonno che stenta a venire. Invece… è arrivato lui.
“Di’ la verità. Ormai, ogni giorno che passa, ti convinci che, su tante cose, ci avevo visto giusto…. che ero stato buon profeta…”.
Beh, buono direi proprio che non è il caso di definirti. Però lo devo ammettere… ne hai imbroccate parecchie… piuttosto direi profeta di sventure…
Ride. E guarda sul tavolo.
“Niente vino? Peccato… – fa spallucce – pazienza… per questa volta. Comunque, volendo essere pignoli, avevo predetto che, a furia di dare un prezzo ad ogni cosa, non vi sarebbe stato più niente di… bello. Niente arte, niente poesia.. niente di umano. Perché anche l’uomo, il suo lavoro, sarebbe stato trattato alla stregua di merce. Ci siete arrivati ormai… no?”
Annuisco. Mio malgrado devo ammettere che ha le sue buone ragioni.
Già… avevi visto giusto. Però la tua soluzione, quello che hai proposto, non era un correttivo al male. Anzi… sei partito proprio dalla malattia insita nel capitalismo, dalla mercificazione, dalla alienazione del lavoro che rendeva l’uomo solo merce, macchina di produzione, e, alla fine, consumatore, per teorizzare il tuo Stato dei proletari. Altrettanto inumano. E fondato solo sull’interesse economico. Tutto il resto, cultura,arte, persino gli affetti, lo hai liquidato come… sovrastruttura
Allarga le braccia. Sembra quasi sconsolato.
“E che potevo fare? Ero convinto che la Storia fosse una linea progressiva. Dalla quale non si poteva tornare indietro. Dai la colpa ad Hegel di questo…. non a me. Anzi, glielo ricordo sempre, quando lo incontro nel mondo dei fantasmi. Io, da parte mia, ho solo cercato di dare a questa storia un fine, un tèlos diverso… più equo. Dove non ci fossero più sfruttati e sfruttatori. Dove pochi non vivessero nel lusso a spese di una maggioranza che versava nella più nera miseria. Nemmeno ti immagini quali fossero le condizioni degli operai dopo la Rivoluzione Industriale. Nella civilissima e democratica Inghilterra… democratica. Tzè… stavano meglio gli schiavi nel mondo antico. E ora state tornando così. E peggio. Adesso non hanno neppure più bisogno di tanta forza lavoro. Hanno le macchine per sostituirvi. E sono malthusiani, quelli che comandano “schiocca la lingua” Malthus… Quello sì che era davvero pazzo. Un pazzo criminale. Ma nessuno lo dice, oggi… anzi…”

Però lo stato che è nato dalle tue idee… il sistema sovietico….
“No. Quello non me lo puoi imputare. No davvero. Io non ho mai teorizzato quella roba lì…. è stato Lenin. Sono stati tutti quelli che hanno fatto delle mie idee una sorta di religione. Fondata sui dogmi. Io non lo avevo mai pensato. Non lo avevo previsto. Volevo solo analizzare lo stato delle cose. E denunciare, anzi avvertire la china che stavano prendendo. E che ha portato al mondo in cui tu vivi oggi”; fa una pausa. Poi si alza, lentamente come al solito.
“Vedi, io sono Marx. Ma non sono mai stato… marxista. E non sono stato io il problema. Io ho solo accusato il mondo. Se proprio vuoi, io non ho rappresentato una soluzione… ma non ero io, non le mie idee a rappresentare la malattia. Anzi… io ho cercato di renderla palese a tutti”. Scuote la testa.
“Non mi hanno capito. E le cose sono andate come sai… comunque, almeno ci ho provato…”
Come era venuto, se ne va. Sparisce. I fantasmi, fanno sempre così.
Resto solo, a fumare la pipa.
Fuori, comincia una tenue luce a disegnare le sagome delle montagne .