Fin dagli anni Settanta Stenio Solinas ha rappresentato un punto di riferimento per il pensiero non allineato.
Fondatore della Nuova Destra con Marco Tarchi, ha dato negli anni alle stampe una lunga serie di titoli che, unitamente agli articoli pubblicati su diverse testate, lo hanno fatto crescere al punto da consentirgli di curare per diverso tempo le pagine culturali de Il Giornale.
Ma sin dalle sue prime opere traspariva la sua passione per la ricerca storica. Si trattasse di fatti di cronaca appena conclusi o di vicende più datate, la sua curiosità lo ha spesso portato ad occuparsi dei fatti di tempi più o meno lontani con il piglio del cronista, del ricercatore, del curioso che non si accontenta di avere informazioni di seconda mano.

Da qualche anno la casa editrice Neri Pozza gli ha dato la possibilità di pubblicare alcune biografie storiche nelle quali Solinas ha potuto finalmente mettere a frutto la sua indole di storico. Con una di queste, “Il corsaro nero. Henry de Monfreid, l’ultimo avventuriero”, ha anche vinto il prestigioso premio Acqui Storia nel 2016.
Sulla scia di quel successo, qualche mese fa è uscito per lo stesso editore “Saint-Just – La vertigine della Rivoluzione”, (pp.158, €18,00).
Come tutti sanno Saint-Just fu uno dei principali esponenti della Rivoluzione Francese. Tra il 1793 e il 1794 egli fu al fianco di Robespierre nel periodo del Terrore, e, proprio come Robespierre, da quel Terrore fu travolto, in quanto finirono entrambi sulla ghigliottina a pochi giorni l’uno dall’altro.
Ma che cosa ha spinto Solinas ad interessarsi di un personaggio che la Sinistra ha esaltato fino a considerarlo uno dei padri del pensiero socialista prima e comunista poi? Proprio il fatto che le cose non stanno proprio così.
Innanzitutto di Saint-Just colpisce la giovane età. A diciotto anni scrive un poema di migliaia di versi; trasferitosi dalla provincia a Parigi, a 22 anni assiste alla presa della Bastiglia. Il suo destino pare essere quello di un semplice spettatore di quanto avviene nella capitale francese; e invece in soli cinque anni dà una veloce scalata al potere che lo porterà prima a essere deputato della Convenzione, membro del Comitato di Salute pubblica e presidente della stessa Convenzione dal febbraio del 1794, allorché divenne, insieme a Robespierre, l’uomo più potente di Francia. Al termine della sua parabola politica, quando salirà sul patibolo, non avrà ancora compiuto 27 anni! Ma più di Robespierre, il vero cervello della Rivoluzione e del Terrore era proprio Saint-Just, “più profondo e più capace – dice Solinas – più egotistico e di un fanatismo scevro da ogni compiacimento oratorio o assembleare”. Un uomo pratico, in cui pensiero e azione coincidono. Il che lo rendono un precursore più di Mazzini che di Marx.
Ciò che colpisce l’autore è l’integrità e l’inflessibilità con la quale Saint-Just interpreta il suo ruolo. “Si avverte in lui – scrive Solinas – una tensione e un’insoddisfazione che lo rendono unico rispetto agli altri protagonisti del Terrore, un’ansia di assoluto che contempla per stanchezza, per disgusto, per atto estremo di libertà, anche il proprio annientamento”.
Tuttavia non c’è traccia in lui – sempre secondo Solinas – del prototipo dell’eroe romantico. Al più in Saint-Just si incarna un ideale prometeico che l’autore della biografia sente particolarmente suo.