Che tristezza il Salone del libro e della discriminazione! Che fossero tutte scemenze quelle sul genere “andrà tutto bene” o “tutto tornerà come prima o meglio di prima” era chiaro a chiunque, almeno ogni tanto, utilizzasse il cervello. Il terrorismo mediatico ha spento gli italiani, proprio come aveva sognato il grigiocrate Mario Monti. E così, nella coda di espositori e giornalisti per entrare al Lingotto Fiere di Torino mancano le risate, le battute, gli scherzi. Clima triste come è triste la logica che guida questa edizione.
Si era già cominciato con il killeraggio del Fatto Quotidiano contro due case editrici di destra, dunque fasciste, dunque un pericolo per la tenuta democratica del Paese. Due su mille, peraltro puntualmente ignorate da Giorgia Meloni che arriva a Torino e si guarda bene dal mettere piede al Salone: meglio evitare la tentazione di prendere in mano un libro. Quell’oggetto misterioso per la leghista Borgonzoni, che pure è stata assurdamente collocata come sottosegretario alla Cultura.
Ovvio che, con simili atteggiamenti della destra partitica (la politica è altra cosa), al Salone del libro si sentano autorizzati a procedere con ogni tipo di discriminazione. Persino quella del panino. Sei un giornalista di area, amico degli amici, politicamente corretto ed entusiasta di qualsiasi assurdità decisa dagli organizzatori? Bravo, puoi accedere all’area stampa dove ci si può abbuffare gratuitamente. Cibo e bevande a volontà. Sei un giornalista di serie B che pensa liberamente e, addirittura, osa scrivere liberamente? Non puoi entrare.
Dopo il Green Pass, il Salone lancia il Red Pass. Probabilmente utilizzando il fascistometro di Murgia. A seconda del punteggio devi stare fuori o puoi entrare e bere solo acqua e caffè, oppure puoi assaggiare un tramezzino arrivando, per quelli più fedeli alla linea (politica, non quella del corpo), sino ad agguantare un piattino ricolmo ed una bottiglia di vino.
D’altronde a Torino si è appena conclusa Biennale Democrazia, manifestazione ignorata nel resto del mondo ma che deve essere servita agli organizzatori del Salone per far aggredire le case editrici scomode e per selezionare la disinformazione di regime.