Il Salone del libro di Torino inizia, come sempre, in tono minore. In attesa delle folle del sabato e della domenica. In compenso le polemiche abbondano. Ma invece di riguardare le solite censure del boss Lagioia, abituato a concedere il diritto di parola solo ai suoi compagni di schieramento, riguardano questa volta proprio il direttore del Salone che, in passato, aveva espresso tutta la propria volgarità nei confronti non dei cattivi politicamente scorretti bensì nei confronti di una scrittrice mediocre che, secondo l’illuminato Lagioia, avrebbe dovuto essere sodomizzata con le pagine di un libro di qualità per imparare a scrivere “per osmosi”.
Un vero signore, indubbiamente. Però è roba vecchia. Non ha molto senso rivangarla. Peccato che a rivangare il passato altrui siano sempre Lagioia ed i suoi compagni. Dovrebbe comunque essere l’ultima edizione affidata al re dello stile e si spera, dunque, che dal prossimo anno il livello culturale possa elevarsi al di là della sodomia letteraria. Magari iniziando, un passo alla volta, ad aprire il Salone al pluralismo. Impresa difficile, considerando le scelte della Regione Piemonte in ambito culturale.
Ci saranno altri aspetti da modificare. Margari prendendo atto delle dichiarazioni politicamente corrette sul cambiamento climatico. Il riscaldamento globale poco si adatta alla spianata catramata per collegare il padiglione 3 all’Oval. Va bene se piove o fa freddo. Con le temperature estive di questi giorni è un disastro.
Non è invece responsabilità del Salone l’inutilità della presenza di alcuni stand regionali. Partecipare ad una fiera libraria magari è più divertente che rimanere in ufficio, però un briciolo di rispetto per il denaro dei contribuenti non farebbe male. Anche perché gli stand di Sardegna e Calabria dimostrano che si può andare al Salone e promuovere il proprio territorio con gentilezza, intelligenza, con una programmazione interessante e con cortesia. Altri invece scelgono di essere presenti, magari con strutture di grandi dimensioni e di scarsa sobrietà, ma distaccati dai fastidiosi visitatori. E poi ci sono le Regioni che evitano di partecipare, forse ritenendo di aver poco da dire.
In ogni caso serve un cambiamento. Radicale. E non può essere Lagioia a garantirlo. La cultura è confronto, il gentiluomo che sogna di sodomizzare le scrittrici mediocri e che censura chi non si allinea al pensiero unico obbligatorio non è portato al confronto. Ma farlo capire ai responsabili della cultura regionale non sarà facile.