Il selfie. La solitudine dei tempi.
È come se fotografandosi si cercasse l’identità che non si possiede e la si trovasse più attraverso la rete che attraverso gli occhi. Quasi una forma di autismo.
Fa riflettere il Papa preoccupato dei giovani “virtualizzati”, cioè di quei ragazzi che preferiscono farsi un selfie con lui piuttosto che stringergli la mano.
Io la trovo semplicemente maleducazione ma attenzione, le parole del Papa non sono la solita ramanzina antisocial, anzi.
Per Bergoglio, toccare il corpo è importante, anzi fondamentale. Agli inizi del suo pontificato a chi raccontava di essersi fermato per strada a dare l’elemosina a poveri chiedeva: “ma gli hai dato anche la mano?”
Ed il 3 luglio 2013 in ricorrenza della festa dell’Apostolo Tommaso – che arrivò alla Fede grazie al suo toccare Gesù – il Papa predicava che bisogna dare somma importanza al corpo: “… al corpo e anche all’anima, ma sottolineo al corpo, perché l’uomo è uomo solo se incontra, e incontra solo se va incontro”.
In fin dei conti, il Papa non ce l’ha con chi si fa un selfie ma, al contrario, vuole unicamente che i social tornino ad essere quello per cui sono nati, ovvero una straordinaria tecnologia per socializzare, per avvicinare, non per allontanarsi dai vicini ma per avvicinarsi ai lontani.
Quindi se incontri un amico e invece che stringergli la mano, abbracciarlo, baciarlo, toccarlo, lo immortali con un selfie, non stai usando i social secondo la vera loro identità ma solo per arricchire la tua personale cineteca di un trofeo in più di cui vantarti con amici. E non sei normale.
Inoltre il Papa meriterebbe maggiore rispetto perché non è un personaggio qualsiasi e tanto meno un vostro amico da mettere sul profilo, se ci fosse ancora un minimo di educazione in giro, si vedrebbe in lui, un uomo in cui cercare risposte, in cui cercare uno scambio di sguardo ed ancora uno dei pochi da incontrare semplicemente per stringergli la mano.