Ormai ci siamo. Il Carnevale è prossimo ad entrare in quella che è, o per lo meno dovrebbe essere, la sua fase culminante. Il suo “apogeo”, tradizionalmente rutilante di maschere, feste, balli, stelle, filanti, coriandoli, risa… Un culmine che giunge a forma quasi parossistica il Martedì Grasso. La grande festa. E poi, con l’alba delle Ceneri, si spegne di colpo. Tutto entra nel silenzio. Tutto è finito. Gli spiriti del Carnevale, le Maschere, Arlecchino, Pulcinella ed altre, si ritraggono dal nostro mondo. E con loro ogni allegria. È Quaresima. “Memento mori” sussurravano i vecchi parroci, quelli di una volta, facendo il gesto di tracciarti sulla fronte una croce di cenere. “Polvere eri, polvere ritornerai”.
Una successione di gesti, di riti, che avevano senso solo se collegati gli uni agli altri. La contrizione quaresimale aveva ragione d’essere perché veniva dopo la sfrenatezza, al limite e spesso oltre il limite dell’orgiastico, carnevalesca. Ai bigotti poteva ripugnare. Ma la realtà, terrena e spirituale, non risponde a regole di astratto moralismo. È vera ed è vita. E la vita presenta sempre due volti. In apparenza contraddittori. Nessun bigotto è mai divenuto Santo. All’opposto…. Beh leggetevi le vite di uomini come Agostino e capirete. Alla fin fine, Dante, per giungere al Paradiso, deve attraversare prima tutto l’inferno.
In questa alternanza tra la Festa sfrenata e la Penitenza, vi era una profonda saggezza. Una sapienza spirituale, certo. Ma anche una saggezza sociale. Perché, alla fin fine, il governo delle cose terrene, l’ordine temporale, rifletteva sempre un ordine ben più elevato. Metafisico, spirituale…chiamatelo col termine che più vi aggrada.
Il potere, qualsiasi potere terreno, ha sempre avuto l’intelligenza di comprendere la necessità della licenza. Ovvero di momenti in cui le pulsioni, i desideri, gli istinti normalmente compressi, devono poter emergere. E avere sfogo. Il popolo, qualsiasi popolo, non può vivere perennemente sottostando alle regole. Giuste o sbagliate, oppressive o più liberali.
La natura umana, e più in generale la Natura stessa, non può essere solo ordine. Neppure il miglior ordine possibile. Ha bisogno del disordine. Il Cosmo esiste perché esiste il Caos. Di fronte ai Templi dedicati ad Apollo, vi era sempre un altare consacrato a Dioniso.
I Saturnalia romani, come le Antesterie ateniesi avevano anche questa funzione, oltre a quella sacra. Della quale era la necessaria proiezione. La parte in ombra della nostra psiche deve, talvolta, poter emergere. E avere sfogo. Non può, sempre e soltanto, venire repressa. Pena la malattia mentale negli individui… e qui Freud aveva visto giusto. Che a livello sociale, quindi collettivo, si traduce nella necessità di concedere, anche da parte delle più cupe e oppressive tirannidi, momenti liberatori di festa.
Il Regno dei Borboni di Napoli fu definito, spregiativamente, “Festa, Farina e Forca”. Però un vecchio gentiluomo reazionario ebbe a dirmi una volta :” Certo, c’era la Forca. Ma c’era la Farina, quindi si poteva campare. Ma, soprattutto, c’era la Festa”.
La Festa. La necessaria allegria che rende sopportabile una esistenza normalmente triste.
Mi viene in mente anche un episodio che mi fu narrato, non ricordo da chi, moltissimi anni fa. Una Festa della Matricola, a Firenze se la memoria non falla. Vi partecipò Achille Starace, allora Segretario del PNF, l’uomo delle liturgie di Regime. I goliardi lo presero di peso, come per portarlo in trionfo. Ma fu un ben strano trionfo. Perché intonavani stornelli sfottendolo nel modo più becero. E qualcuno, a quanto sembra, puncicava da sotto il deretano del potente gerarca con un ago da materassi. Nessuno fu arrestato né denunciato. E Starace abbozzò alla fine di buon grado.
Nessun Regime, nessun Tiranno si è mai sognato di negare la Festa. Il momento, liberatorio, in cui il malessere che cova nel ventre profondo del popolo trova sfogo. E subisce catarsi.. Questo perché nessun tiranno ha mai, probabilmente, pensato all’annientamento sistematico del popolo che governa. Della sua economia e della sua vita. Forse l’unica eccezione è stato il regime dei Khmer Rossi in Cambogia. Forse… Ma nella nostra storia, tiranni, despoti, regimi autoritari e totalitari hanno sempre tollerato il Carnevale. Il necessario momento di disordine, di caos, per mantenere saldo l’ordine.
Piccola chiosa. Sono ormai quasi tre anni che il Carnevale, come tutte le altre feste, ci viene negato. Tre anni di, tetra quaresima. Con i colori, freddi e plumbei, che dominano la seconda parte del “Fanny ed Alexander” di Bergman. La tetra magione del bigotto pastore protestante. Quasi tre anni…