La permanenza dell’Italia nella Nato è, purtroppo, inevitabile. Il servilismo no. Anzi, diventa sempre più dannoso. Perché guardare solo a Washington e, in alternativa, a Bruxelles, impedisce all’Italia di riprendere il proprio ruolo fondamentale nel Mediterraneo. Lo ha spiegato ieri Gianni Bonini, senior fellow del think tank Il Nodo di Gordio e con una prestigiosa carriera ai vertici di organismi internazionali, nel corso di una strepitosa lezione di 3 ore al corso interuniversitario sui Sistemi Complessi, organizzato da La Torre e dal Cirps.
Un ruolo che era ben presente ai politici della prima repubblica, ma che non è per nulla evidente ai nuovi protagonisti della politica italiana, oscillanti tra la più crassa ignoranza alla Giggino e le genuflessioni atlantiste. Così la sponda Sud del Mediterraneo vede crescere la presenza di quei Paesi che sono stati pronti a riempire i vuoti provocati dalla fuga italiana e dalle ripetute sconfitte macroniane.
Un vuoto, quello italiano, che è politico, economico, culturale. In un’area dove la presenza italiana non era mai mancata, neppure quando l’Italia veniva definita come una mera “espressione geografica”. In grado, però, di progettare il Canale di Suez e, prima ancora, di avviare la realizzazione del Museo Egizio più importante dopo quello del Cairo. Per arrivare – come ha ricordato Bonini – ad avere un ruolo nella fase di decolonizzazione della sponda Sud dell’ex Mare Nostrum.
Ora, invece, la politica italiana ignora il Mediterraneo ed è patetica la creazione di un ministero per il Mare quando la linea della politica estera italiana viene dettata da Washington e da Bruxelles. Ossia da chi, per ragioni diverse, ha deciso di ignorare questa area fondamentale del mondo. Un’area dove, al contrario, si è concentrato il confronto tra Russia e Turchia. Magari non sempre amichevole ma proficuo per entrambi i Paesi. Ma un’area su cui punta anche la Cina. E con la Cina, per tutelare i propri interessi, sta trattando la Germania. Ma con Pechino dialogano anche i sauditi ed i loro nemici iraniani, i Paesi africani e quelli latinoamericani.
Tutti, insomma, tranne gli atlantisti duri e puri che si limitano ad eseguire i compitini ordinati dal padrone di Washington. Perché della Nato fanno parte anche Germania e Turchia, ma loro si muovono sulla base degli interessi nazionali. E non basta auspicare di recuperare un ruolo nel Mediterraneo quando non si vuole rinunciare al guinzaglio tenuto saldamente in mano dal Biden di turno.