E’ sotto gli occhi di tutti come nell’era moderna, e ancor più nell’attuale postmodernità, i computer abbiano assunto un ruolo talmente rilevante, anche nelle pratiche più banali della quotidianità, che sarebbe impensabile farne a meno e tornare alla situazione precedente, non tecnologica. Da questo punto di vista, ipotesi neoluddiste sarebbero anacronistiche se non assurde. A parte ipotesi apocalittiche da film fantascientifici in salsa yankee, ormai la strada è questa ed è impossibile, soprattutto in un mondo globalizzato come l’attuale, pensare di poter tornare indietro. Oltretutto sarebbero anche da valutare con attenzione le ragioni reali di tale desiderio. La tecnologia in sé non è un male, anzi. Spesso permette di facilitare la vita di tutti noi e di fare cose che, senza gli attuali strumenti tecnologici, prima erano praticamente impossibili. Come in tutte le cose, il problema non è il mezzo utilizzato ma l’uso che se ne fa.
Pensiamo ad esempio al cellulare, divenuto ormai una vera e propria “protesi” dell’essere umano. Che il telefonino permetta una maggiore fluidità nelle conversazioni e vantaggi in molte attività lavorative è un dato di fatto. Ciò che invece preoccupa è la forma di vera e propria dipendenza che ha causato in molte persone, soprattutto tra le fasce più giovani della popolazione. Provate a guardare oggi una compagnia di adolescenti seduta ad un tavolo di un bar o di un ristorante: più che comunicare tra loro, sono quasi sempre impegnati ad utilizzare il telefonino per poter controllare ciò che sta accadendo nella realtà virtuale, in primis nei social media.
Ecco, da questo punto di vista è innegabile che i cellulari siano una forma subdola di “cancro” per la socialità dei giovani. Metastasi che si è purtroppo ancor più diffusa a seguito della pandemia e delle relative regole restrittive sulla vita sociale, che hanno avuto un vero e proprio effetto devastante soprattutto sulle giovani generazioni.
Ma c’è un altro aspetto, relativo alla tecnologia, su cui poco si è riflettuto e che sta avendo conseguenze nefaste sull’uomo moderno (che Nietzsche avrebbe definito Untermensch…). Sapete come funziona un computer? Tramite il sistema binario, cioè la codificazione numerica a due cifre: zero e uno. E’ un sistema molto semplice col quale la macchina riesce a “rappresentare” tutta la realtà. Sistema certamente valido ed efficace per la stessa ma che nulla ha a che fare col sistema concettuale dell’uomo, molto più complesso ed analitico. Avremmo però dovuto scrivere nulla aveva a che fare. Oggi purtroppo il sistema binario è diventato infatti anche lo strumento di base del pensiero umano. Se ci fate caso, siamo entrati nell’era del tifo: si sta o di qua o di là, tertium non datur. Esattamente come ragiona (si fa per dire…) un computer.
Pensiamo ad esempio alla questione annosa dei vaccini. Sono solamente due gli schieramenti, sivax oppure novax, dai quali non si può prescindere e ai quali vogliono costringerci ad aderire. Oltretutto non sono nemmeno più degli schieramenti ideali ma delle vere e proprie religioni secolarizzate, che lanciano anatemi e scomuniche agli adepti dell’altra parte. Gli uni affermano che la Scienza (ovviamente con la maiuscola!) è infallibile e che i vaccini sono l’unica soluzione per uscire dalla pandemia. Gli altri ipotizzano una presunta dittatura sanitaria ordita da qualche complotto diabolico atto ad inocularci sostanze velenose nell’organismo.
Non si può uscire da questo dualismo. Se poni dubbi sui vaccini e sul loro utilizzo, sei etichettato subito come novax e untore e vieni escluso da qualunque dibattito sulla materia. Dall’altra parte, se stigmatizzi chi pensa che i vaccini siano uno strumento di dominio e/o che, tramite essi, vengano inoculati microchip sottocutanei sei tacciato di servilismo verso il Sistema. Il metodo analitico e la voglia di comprendere la realtà sono stati letteralmente messi da parte. E probabilmente questa pandemia ha inferto il corpo mortale.
La diffusione del (non) pensiero binario è stato anche agevolato dai social. Vi ricordate quando ha iniziato a diffondersi Internet? Per chi avesse avuto voglia di confrontarsi, era un pullulare di fora pubblici sui più svariati argomenti. Certo, negli stessi era permesso di scrivere a chiunque, anche a chi avrebbe fatto meglio a scollegarsi. Ma in mezzo alla melma era comunque possibile trovare, e conoscere virtualmente, anche persone con cui confrontarsi sui temi più scottanti dell’attualità, confrontandosi in modo pacato e sereno. Poi è subentrato Facebook e gli altri social e si è passati all’uso smodato di post brevi e sintetici e, soprattutto, di immagini. Non c’è più spazio per dibattiti e/o discussioni, anche lì è solo un pullulare di tifosi che espongono, spesso in modo sbracato e volgare, la propria bandierina.
Quindi la situazione è ormai irreversibile? Da inguaribili romantici, pensiamo di no. L’uomo ha sempre avuto la capacità, anche nei periodi più bui, di rialzare la testa e riprendere il cammino interrotto. Certo che, se ci guardiamo attorno, l’ottimismo prevale solo grazie ad una forte volontà. Ed è proprio ad essa che facciamo appello, sperando che i pochi volenterosi continuino ad essere esempio per la massa amorfa e belante che non vive più ma semplicemente, e tristemente, pensa solo a sopravvivere.