Rai e Mediaset unite. Nel chiedere altri soldi pubblici, ovviamente. Con la scusa della crisi delle sale cinematografiche. La crisi è vera, testimoniata da dati preoccupanti se non drammatici. In Italia gli incassi registrati nel 2021 sono stati del 7% più bassi rispetto all’anno precedente. Certo, c’era il Covid, che però c’era anche nel 2020. E poi è significativo il raffronto con gli altri Paesi europei. A fronte del -7% italiano la Francia ha registrato un +47,5%, la Germania +20%, la Spagna +45% e la Gran Bretagna +75%.
Se poi si confronta il periodo di “piena apertura”, dall’aprile 2021 con gli stessi mesi degli anni pre Covid, il tracollo oscilla tra il 50 ed il 60%. Sarà in parte colpa delle idiozie di Speranza e della banda che lo ha affiancato nell’imposizione di regole demenziali. Ma Rai e Mediaset non sprecano neppure una riga del loro documento congiunto per un minimo di autocritica. Non è che il pubblico italiano ha disertato le sale perché i prezzi sono eccessivi? Perché i film proposti non valevano la spesa? Perché il Ministero della Verità propina film tutti uguali, italiani e stranieri (possibilmente americani), con lo stesso pensiero unico obbligatorio ma sempre più insopportabile?
Ora l’accoppiata Rai Mediaset vorrebbe più soldi pubblici per nuove produzioni che, ovviamente, rispetteranno sempre gli obblighi del politicamente corretto. E vuole più soldi per promuovere i film e per giustificare le scelte che il pubblico, evidentemente, non tollera più. Più soldi e meno spettatori: i sudditi sono costretti a pagare, con le tasse, anche se si rifiutano di andare al cinema per essere sottoposti al lavaggio del cervello.
Come se le reti televisive di Rai e Mediaset non promuovessero a sufficienza i film che piacciono alla cricca radical chic. Interviste su interviste nei tg, nei programmi di intrattenimento, nei talk show. “Ma come sei bravo, ma quanto sei intelligente, ma quanto è fondamentale il discorso che porti avanti, ma quanto sei moderna”. Se questa è la promozione, forse è meglio risparmiare i soldi. Soprattutto se sono soldi pubblici.