In questo complicato 2020 non ci saranno solo problemi sanitari ed economici, ma anche un forte calo demografico, in un Paese come il nostro già afflitto da forte denatalità.
A sostenerlo è Alessandra De Rose, professoressa di demografia alla Sapienza e componente del gruppo di esperti sul tema “demografia e covid-19” istituito ad aprile scorso dal ministro per le pari opportunità e la famiglia Elena Bonetti. Il rischio è che si scenda sotto le 400 mila nascite nel 2021.
Abbiamo notato un cambiamento in negativo delle aspettative dei giovani – osserva De Rose – molte coppie hanno deciso di rinviare il loro progetto riproduttivo, sia per l’incertezza economica e lavorativa che per il timore che la crisi sanitaria non finirà presto. Questo cambiamento non è ancora stato colto in pieno dalle statistiche, ma segnala un fenomeno allarmante”.

Nel 2020 il tasso di occupazione femminile risulta sceso al 48,4%, una percentuale distante rispetto alla media europea. Inoltre, le donne che avevano già un lavoro e una famiglia hanno contato un sovraccarico di lavoro nel periodo di didattica a distanza (per il venir meno dei servizi per l’infanzia e del possibile aiuto dei nonni imposto dal distanziamento fisico). Cosa che frena la scelta di avere un ulteriore figlio.
È, infatti, legittimo ipotizzare che il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) generate dai recenti avvenimenti orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane.
Un altro fattore che rischia di incidere negativamente sulle nascite è che quest’anno i centri di procreazione assistita sono stati meno frequentati per il timore di contagiarsi, e in Italia molte donne hanno bisogno dell’aiuto di questi centri, considerata l’età elevata in cui decidono di mettere al mondo un figlio.
Inoltre i dati sull’occupazione femminile in Italia “permangono preoccupanti nonostante il livello di istruzione femminile sia sensibilmente maggiore di quello maschile”.