Il treno corre nella nebbia. Una corsa abbastanza lenta, anche se, in linea teorica, dovrebbe essere un AV. Alta velocità. Ma per quella ci vogliono i binari in grado di reggerla. E qui, tra Venezia e Bologna, semplicemente non ci sono. Binari vecchi, gli stessi che portano i Regionali, un tempo detti Locali, carichi di pendolari. Raccolti in stazioni di paese dove si respira ancora un’atmosfera, e una architettura, primo novecento. E qui l’alta velocità non solo è impossibile tecnicamente. Sarebbe una stonatura estetica.
Comunque è una nebbia di metà mattina. E, oltre la sua coltre, il cielo comincia a rivelarsi terso, da alcuni, fugaci squarci. Il Sole ha in sé già un che, un’eco, forse anche un profumo di primavera. Febbraio volge al termine, e questa nebbia diviene una sorta di nuvola d’oro. Come quella che avvolse Semele in cima alla torra ove era imprigionata. La avvolse, e da quell’abbraccio nacque Dioniso. Perché la nube aurea era Zeus….
Beh, qui di certo non vi è Zeus, l’Olimpico seduttore. Ma vi è una nube d’oro che si va, via via, degradando. Per lasciare il posto ad una giornata luminosa. Chissà, forse, guardando bene, non sarebbe impossibile vedere una qualche Semele adagiata tra i prati ancora scintillanti di brina… Prigioniera di una qualche torre invisibile… Quanto a Dioniso…beh, l’altra sera ho bevuto dell’ottimo vino. Fresco e profumato. In fondo, sono i giorni conclusivi delle Antesterie. Le piccole Dyonisiache di Atene. Feste orgiastiche. Balli, canti… E soprattutto si aprivano le anfore del nuovo vino…
Intanto, dalla nebbia dorata, il treno entra nella tenebra. La grande galleria. La stazione sotterranea. La sensazione di venire ingoiati in una dimensione fatta di grotte incantate, ove splendono fosche luci artificiali, ora venate di rosso, ora bluastre. Una sorta di regno dei nani.
Dai finestrini non c’è più nulla da vedere. Per altro ora l’alta velocità é, finalmente, reale. E non solo nominale.
Vorrei dormire un poco…. Ma questo treno andrà oltre Roma. E il mio vicino di poltrona sta parlando, in pretto partenopeo, al telefono. Con voce squillante. Perché nei treni non si può stare dieci minuti a respirare senza mascherina… Ma si può sfondare a tutti i cabasisi ( cit. Montalbano) con i propri fatti e affari privati.
Per altro, ad ascoltare, è abbastanza divertente. E interessante antropologicamente..
Sta parlando con una donna. E alterna imprecazioni contro Putin – che, grazie alla campagna mediatica, è ormai colpevole di ogni sventura pubblica e privata – ad un serrato corteggiamento. In cui elegantemente definisce l’oggetto dei suoi desideri mignotta (dal latino Mater Ignota) puttana (raffinato francesismo) nonché dedita all’arte della fellatio con tutti. E non solo con lui. Un vero e proprio Manuale d’amore del neo-romanticismo.
Però lei sembra gradire. Lui ride e comincia a cantare una canzone tutto soddisfatto. E ringrazia anche San Gennaro. Per quale grazia ottenuta, o in procinto di ottenere…beh, meglio non dire.
Firenze. Fuori dalla galleria. C’è il sole. Ma mi pareva splendere di più la nebbia fra Padova e Ferrara.
Dal finestrino si vede ben poco. Però è un luogo noto. E della memoria.
Mi sembra quasi di vedere la facciata di Santa Maria Novella. E poi il Duomo e Via dei Calzaiuoli. E quelle della Lana e Calimala. E la Loggia dei Lanzi, con il Perseo del Cellini, e il ratto delle Sabine uscito dallo scalpello del Gianbologna. Inevitabilmente in secondo piano, ma di una potenza carnale, erotica indicibile…
Mi verrebbe voglia di scendere. E girare per quelle viuzze ove Dante, impallidendo in volto, vedeva passare Beatrice. Dove Sandro Botticelli sognava la nuda perfezione di Simonetta Cattaneo uscire dalla schiuma del mare… Visitare Santa Croce, rammentando i versi del Foscolo, le arche dei grandi, lo scettro dei regnatori, le lacrime, il sangue…
Poi, uscire in questo sole, e andare a pranzo Ai Pazzi. Sempre che esista ancora. Le penne strascicate. La fiorentina, i fagioli al fiasco… E il vino. Chianti, sfuso. Le tovaglie a scacchi.
Il mio vicino sta promettendo alla Donna di portarle, al ritorno, una mozzarella di bufala. Succosa. Sembra di essere nella Nencia di Lorenzo o nella Beca del Pulci… Poi, però, promette di farle anche una bella…serenata. In assenza del marito.
A questo punto, sono proprio felice di essere in arrivo a Roma…