“Cercasi urgentemente commessa”. “Cercasi barista”. E si può continuare con lavapiatti, aiuto cuoco, cameriere, persino bagnino. L’Italia del turismo, ossia del 15% del Pil, si trova alle prese con una mancanza di personale dalle Alpi al mare. Mentre la stagione estiva è già cominciata con inevitabili gravi lacune nel servizio. Ormai il rimpallo di responsabilità e di accuse (280 euro al mese per 10 ore di lavoro al giorno, richieste di essere pagati in nero per non perdere il reddito di cittadinanza) non serve più a nulla.
Questo è un Paese dove i cialtroni dilagano, ad immagine e somiglianza di chi li governa, e non da oggi. Però, se si vuole uscire dall’emergenza, un po’ di analisi andrebbe fatta. Sino agli Anni 80 ed inizio dei 90 il problema non esisteva. I ragazzi lavoravano d’estate, alla fine della scuola, in tutte le principali località turistiche. Al mare come in montagna. Guadagnavano bene, anche molto bene, e tutti o quasi chiudevano entrambi gli occhi sul fatto che si trattasse di lavoro nero.
In più i titolari dei rispettivi posti di lavoro erano perfettamente consapevoli che quelle erano le vacanze dei ragazzi. Dunque gli orari erano estremamente flessibili. Il turno in sala, in cucina, in spiaggia doveva essere garantito, dopodiché il resto del lavoro era a carico dei dipendenti regolarmente contrattualizzati. Il buon senso risolveva eventuali contrasti. A fine stagione il ragazzo si ritrovava con un cospicuo gruzzolo e con alle spalle un paio di mesi in cui si era divertito pur rispettando un orario di lavoro.
Cos’è cambiato? Praticamente tutto. La “villeggiatura” di più mesi ha lasciato il posto ad un turismo mordi e fuggi. Dunque mancano le grandi compagnie stabili ed il divertimento deve essere consumato tutto e subito. Se parte della giornata o della serata è destinata al lavoro, divertirsi con gli amici diventa più difficile. Inoltre un contratto regolare impone orari da rispettare, ben precisi. Riducendo ulteriormente le opportunità di svago in compagnia.
Il lavoro nero si è drasticamente ridotto. Dunque anche il denaro effettivo percepito. 1.300/1.500/1.800 euro netti per un mese di lavoro estivo non sono pochi, soprattutto se accompagnati da vitto e alloggio. Però non cambiano la vita. Non permettono neppure di iniziare a pensare all’acquisto di una casa in una grande città. Sono pochi persino per pensare ad acquistare un’auto nuova.
Non è un caso che l’Italia sia l’unico Paese europeo in cui i salari siano diminuiti nel corso degli anni a fronte di incrementi a due cifre negli altri Paesi. E per i giovani il confronto è impietoso. Secondo i dati Eurosta lo stipendio medio italiano tra i 18 ed i 24 anni è di 15.858 euro a fronte dei 23.858 in Germania, dei 19.482 in Francia, dei 23.778 in Olanda e degli oltre 25mila in Belgio.
Una realtà che non è il massimo per motivare i giovani. Certo, una grande firma del Secolo d’Italia assicura che si può tranquillamente lavorare per 4 ore al bar in cambio di un gelato. Ma a molti non basta.