Johannes Badrutt, proprietario dell’Engadiner Kulm di St.Moritz – antenato del Grand Hotel Engadiner Kulm – già nel 1856 aveva promesso ai propri clienti il rimborso del soggiorno nel caso in cui non fossero stati completamente soddisfatti della vacanza. E fu subito un grande successo. Lo ricordano Alessandro Martini e Maurizio Francesconi nell’ottimo libro “La moda delle vacanze” pubblicato da Einaudi e finalista all’Acqui Storia.
Una promessa difficilmente replicabile oggi. La clientela dell’800 era composta da una ristretta élite che si sarebbe vergognata all’idea di chiedere un rimborso se non in casi estremi. Oggi i vacanzieri, a partire dall’oligarchia arricchita e cafona, sarebbero pronti ad inventarsi una puntura di un insetto per manifestare la propria insoddisfazione e pretendere il rimborso delle spese alberghiere.
È cambiato il turismo, sono cambiati i turisti. In un mondo di furbetti che hanno come idoli Fedez e Ferragni il senso della vacanza è stato completamente stravolto. Ovviamente non si può pensare di tornare ai tempi in cui erano solo gli aristocratici o i grandi imprenditori, quasi esclusivamente stranieri, a potersi permettere le vacanze. In realtà non era proprio così ed il libro ignora, ad esempio, Goldoni e le sue numerose opere settecentesche sulla villeggiatura. Ma al di là di questo, è evidente che il turismo è diventato un fenomeno di massa con tutto ciò che comporta.
Non basta più che qualche nobildonna “apra casa” ad inizio estate per dar il via al pellegrinaggio di personaggi famosi che ambiscono ad essere invitati, a farsi vedere nelle compagnie “giuste”. Inevitabile, i vip attuali non hanno più nulla da dire dopo 5 minuti di convenevoli iniziali. Non esiste un cenacolo culturale con gli influencer di turno.
Ed il nuovo turista non è disposto, giustamente, a farsi prendere in giro ed a pagare cifre folli per poter ammirare un panorama, magari nascosto dalle nuvole o sotto un nubifragio. Occorre altro, molto altro considerando i prezzi assurdi delle principali mete turistiche. Però, troppo spesso, ci si limita ad alzare i prezzi senza fornire servizi adeguati. Così basta un po’ di maltempo a far crollare le presenze di turisti ai quali non vengono proposte alternative all’altezza dei prezzi.
Certo, non è facile individuare l’offerta giusta. L’enogastronomia non è una garanzia, perché i cuochi in grado di fare la differenza sono pochi. I buoni vini si trovano ormai ovunque e far pagare un vino modesto, ma di un mitico “territorio” quanto un Barolo o un Brunello non è la strategia vincente per fidelizzare il cliente. Le proposte culturali stentano a superare lo squallore del politicamente corretto televisivo che ha stufato ormai buona parte del potenziale pubblico. Lo sport procede per mode e si rischia sempre di arrivare in ritardo con proposte ormai superate.
È dunque difficile essere sempre all’avanguardia, anticipare mode e richieste della clientela. Ma a fronte di prezzi assurdi è doveroso non limitarsi alle banalità in stile anni 70/80. Per questo le località che credono nel turismo hanno investito, e molto, nelle strutture di promozione e nei veri e propri manager che le gestiscono e che sono retribuiti con cifre cospicue. Altri preferiscono affidarsi a dilettanti allo sbaraglio da pagare poco. Con risultati men che modesti. Sono scelte strategiche differenti. Ma si vedono anche le differenze in termini di arrivi e presenze.