Usa, Russia, Cina e i maggiori Stati mondiali stanno trasformando un dramma come il coronavirus in una guerra di propaganda, per dimostrare al mondo chi è il più forte. Il nuovo fronte della Guerra Fredda del virus che coinvolge maggiormente Stati Uniti, Russia e Cina è la corsa al vaccino. Chi riuscirà a renderlo disponibile per primo si aggiudicherà questa nuova sfida scientifica e tecnologica che ha però assunto un’importanza strategica nel panorama internazionale.
Oltre la metà dei possibili vaccini vedono in primo piano i centri di ricerca situati in Cina e negli Stati Uniti, Paesi ricchi e potenti che rappresentano forze economiche, politiche e strategiche. Sulla base del documento “Draft landscape of COVID-19 candidate vaccines”, costantemente aggiornato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, al momemto ci sono ben 176 vaccini candidati in via di sperimentazione contro il coronavirus. Naturalmente non tutti si trovano allo stesso punto dello sviluppo, tenendo presente che soltanto in casi 33 sono stati già testati sull’uomo, mentre i restanti 143 sono ancora nella pre-clinica, vengono cioè sperimentati su colture di cellule in provetta (in vitro) e/o su modelli animali.
Dei 33 in sperimentazione clinica, meno di una decina ha raggiunto la cruciale Fase 3, quella che coinvolge migliaia di persone e che determina l’effettiva efficacia di un vaccino, trattandosi dell’ultimo passo prima della richiesta di approvazione alle autorità competenti e dunque dell’immissione in commercio.
Negli Usa esiste un 10-15% della popolazione che vive in assoluta marginalità ed è priva di assistenza sanitaria. Tanto è vero che il rapporto di morti per Covid tra la popolazione bianca e quella nera è di uno a tre. Il grande tema è quello dell’estensione dell’assistenza sanitaria, che Obama aveva cercato di realizzare con l’Obamacare e che Trump sta cercando di ostacolare. Il Covid ha fatto sì che questo tema abbia assunto un’importanza primaria, mentre fino ad oggi era stato spesso nascosto al grande pubblico.
Per Trump, in prospettiva delle prossime elezioni del 3 novembre, appare fondamentale la corsa al vaccino per valorizzare il suo contributo alla sconfitta del Covid. Il consenso di Trump si è andato restringendo sempre più durante la gestione di questi tre mesi di Covid perché è apparso davanti agli occhi di tutti un disastro, con un presidente che diceva cose inenarrabili, anche contro i suoi principali collaboratori nel campo come Anthony Fauci. Questo ha portato i consensi a un livello bassissimo.
Il rapporto tra Stati Uniti e Cina è un perenne scontro non militare ma tecnologico, commerciale, economico. I conflitti del futuro non sono come quelli del Novecento. Quindi è inevitabile che la Cina si scontrerà su questi campi con gli Stati Uniti. Non è un caso che Trump abbia definito il coronavirus “il virus cinese”. I Center for disease control and prevention hanno notificato alle autorità sanitarie degli Stati americani e a cinque delle maggiori città statunitensi di prepararsi a distribuire il vaccino per il coronavirus ai lavoratori sanitari e ai gruppi a più alto rischio fra la fine di ottobre e gli inizi di novembre. Aprendo non pochi dubbi circa la tempistica con le elezioni presidenziali dietro l’angolo e un bilancio delle vittime che peserà fatalmente nella scelta per la Casa Bianca.
Tutti i vaccini sono molto promettenti anche quello della Cina predisposto dalla CanSino Biologics con l’Istituto di Biotecnologie di Pechino; il preparato si chiama Ad5-nCoV e si basa sul materiale genetico del SARS-CoV-2 trasportato da un altro virus reso inoffensivo. Entrambi i candidati vaccini fanno parte della lista stilata dall’Oms di quelli in fase di verifica sull’uomo. Delle diverse sperimentazioni in corso il vaccino della CanSino è il primo ad avere raggiunto il traguardo: i tempi sono stati davvero da record, considerando che i risultati della prima delle tre fasi dei test erano stati pubblicati a fine maggio e che la terza e ultima fase deve essere di solito condotta su un numero molto grande di individui per avere le risposte sull’efficacia.
In Parlamento il ministro della Salute Roberto Speranza, per quanto riguarda l’Italia ha annunciato che le prime dosi del vaccino, nell’eventualità di prove positive, saranno già disponibili entro la fine dell’anno. Per quanto riguarda il ruolo dell’Italia, spiega Speranza, è stata proprio l’alleanza con Francia, Germania e Olanda che ha permesso di spingere l’Ue verso una forte accelerazione dei risultati della ricerca. Da Bruxelles parte il consenso al primo contratto di acquisto anticipato di vaccini anti Covid-19 a nome dei paesi membri Ue. Grazie all’accordo siglato con la società AstraZeneca, gli Stati potranno accedere a 300 milioni di dosi del vaccino noto come Oxford, con un’opzione per altre 100 milioni da distribuire in proporzione alla popolazione. I Paesi della “Inclusive Vaccine Alliance” (Germania, Francia, Italia, Paesi Bassi) che avevano già avviato i negoziati con AstraZeneca hanno chiesto alla Commissione di subentrare nell’accordo.
Essere il primo Paese al mondo a sviluppare e produrre su larga scala un vaccino contro il coronavirus porta con sé un significato che va oltre l’importante valore della scoperta scientifica. Lo Stato vincitore della corsa all’antidoto vedrà la sua immagine uscire completamente stravolta dall’annuncio della notizia che tutti aspettano dallo scorso gennaio. Dal momento che il Sars-CoV-2 ha già contagiato oltre 20 milioni di persone e ucciso più di 740mila pazienti, trovare un rimedio a una malattia per la quale non esiste una cura rappresenterebbe un notevole passo avanti.
Non solo risvolti sanitari ma anche geopolitici. Il primo a produrre un ipotetico vaccino si ritroverebbe tra le mani uno strumento politico incredibile: a chi consegnare prima, cosa chiedere in cambio, a chi chiudere le porte, con chi rafforzare le relazioni economico-commerciali. Queste sono solo alcune delle armi da potere utilizzare per rinforzare la propria agenda politica.
La Russia, più volte osteggiata da Europa e Stati Uniti, criticata per il sistema instaurato dal suo presidente, Vladimir Putin, e subissata di sanzioni economiche, ha dichiarato che Mosca è stata la prima a trovare, e quindi registrare, un vaccino contro il coronavirus. Si chiamerà Sputnik (non un nome scelto a caso) e sarà disponibile per la popolazione civile a partire dal primo gennaio 2021. Nel caso in cui Sptunik dovesse funzionare, Putin riceverebbe un ritorno di immagine senza precedenti. Da spendere in politica estera e non solo. A proposito di Sputnik, il nome dell’antidoto è identico a quello del primo satellite messo in orbita nel 1957, che celebrò il successo di Mosca nella corsa allo spazio della guerra fredda. Il governo russo spera di raddoppiare il successo.
L’avvento del Covid ha spinto i governi di mezzo mondo a spingere sul pedale della ricerca scientifica. Laboratori e centri di ricerca hanno iniziato a lavorare giorno e notte per trovare un vaccino capace di fermare una malattia sconosciuta. Al netto dei proclami di aiuti reciproci, ogni potenza pensa in realtà a come anticipare i rivali. La Russia, come detto, ha fatto la sua mossa, non ci resta che aspettare il prossimo colpo di scena. Secondo Lancet, il vaccino russo Sputnik V avrebbe prodotto una risposta immunitaria in tutti i 76 volontari, adulti sani tra i 18 e i 60 anni, coinvolti nella fase 1 e 2 della sperimentazione. La sfida appare aperta dato che 30/40 Paesi sono interessati ad acquistare questo vaccino.