Fa discutere la proposta legislativa presentata lo scorso 17 marzo dalla Commissione europea per facilitare la libera circolazione all’interno della Ue durante la pandemia. L’idea della Commissione è quella di dare vita a «un certificato per evitare divisioni e blocchi» tra i Paesi membri dell’Unione europea e «favorire gli spostamenti dei cittadini europei», specie in vista dell’estate 2021. Un certificato che potrebbe essere il primo passo verso la digitalizzazione completa della medicina in ambito comunitario. Lo scopo è quello di tracciare in maniera più precisa i cittadini e, nel futuro, combattere e prevenire pandemie come quella che stiamo vivendo.

Il ministro del Turismo, Massimo Garavaglia, rilascia in merito una dichiarazione esauriente al Tg2 Post: “È fondamentale il passaporto vaccinale, sono cominciate le prenotazioni da chi dall’estero è vaccinato e vuole venire in Italia. L’obiettivo è che su questo si vada tutti insieme in Europa e si decida insieme; quello che dobbiamo fare in Italia è accelerare con il piano di vaccinazione. Così non saranno necessarie delle isole covid-free”.
Non solo nel turismo ma una misura necessaria per musei, cinema e palestre che potrebbero trasformarsi in un privilegio per possessori di un passaporto vaccinale: una qualche certificazione che attesti ufficialmente l’immunizzazione dal virus. Istituire la Digital Green Pass in tutti i paesi dell’Unione appare un’idea non priva di criticità sul piano dei diritti dei cittadini. Si potrebbe correre il rischio che l’immunizzazione diventi un privilegio, appannaggio di persone e famiglie benestanti. Il fenomeno del turismo vaccinale, d’altronde, è già attuale e rappresenta una triste realtà: diverse società forniscono la possibilità, per cifre molto alte, di effettuare la vaccinazione in paesi come gli Emirati o Cuba, che hanno fatto scorte di vaccini per poi destinarli ai turisti. È semplice intuire che in un futuro in cui il vaccino si trasformasse in bene di lusso, le occasioni di speculazione si moltiplicherebbero.

A maggior ragione per il fatto che i molteplici ritardi nelle consegne delle fiale si susseguono regolarmente, rendendo i programmi vaccinali dei paesi europei poco più che utopiche dichiarazione di intenti. Per evitare disuguaglianze, chi non ha ancora ricevuto il vaccino mostrerà il risultato del tampone negativo e chi invece ha avuto il Covid mostrerà l’effettiva immunizzazione dal virus.
A sostenere il fronte delle Digital Green Pass, ci sono paesi come gli USA ed Israele, nazioni che hanno raggiunto quote vaccinali significative. Ricordiamo che in Israele il 40% della popolazione ha già ricevuto il vaccino. Tutto questo permette ai possessori di Green Pass, previo rispetto di tutte le regolamentazioni anti COVID, di godere di alcuni “privilegi”: possono frequentare liberamente ristoranti, palestre, piscine e sale concerti. È da evidenziare che in Israele per ora si è deciso di considerare il vaccino efficace per sei mesi, e di concedere il via libera a chi è guarito dalla malattia solamente fino a giugno.
L’Europa guarda al passaporto vaccinale, per favorire gli spostamenti estivi, in paesi ad alta densità turistica come Spagna, Grecia e Cipro. Una piattaforma comune a tutti gli stati dell’Ue con cui certificare l’avvenuta vaccinazione, la data dell’ultimo test negativo o la guarigione dal contagio, così da riaprire in sicurezza gli spostamenti in vista delle vacanze estive.

Una cosa è certa incentivare la popolazione a sottoporsi al vaccino con la promessa di una nuova normalità appare utile. Una scelta capace di rilanciare i consumi e allo stesso tempo garantire una maggiore adesione alla campagna vaccinale.