Il Verde è il colore più inquietante. Certo, si usa dire verde speranza, gli anni verdi, e descrivere la primavera come la stagione del verde. Tuttavia, se guardiamo bene, il verde è un colore inquieto. Non è il rosso che infiamma le passioni. E neppure l’azzurro che le placa. Cela in sé il giallo, anzi lo assorbe. Ed è come se rubasse la luce al Sole.
Gustavo Adolfo Rol, strana figura di sensitivo, misteriosa, in un, ermetico, appunto dice: “Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore. Ho perduto la gioia di vivere. La potenza mi fa paura. Non scriverò più nulla…”.
E più nulla scrisse, da quel giorno del 1927 a Parigi, tenendo una vita ritirata, e al massimo esibendo, davanti a cerchie ristrette, quelli che, per alcuni, erano poteri straordinari. Per altri solo l’abilità di un prestigiatore senza uguali… Ma questo non mi interessa. Annoto, soltanto, che Rol conosceva bene la teoria goetiana dei colori. E il commento di Rudolf Steiner.
Il Verde, dunque, è potenza. Tremenda. Come e più di quella del famoso anello di Green Lantern, uno dei supereroi della DC COMICS, che leggevo da bambino. Strano super eroe che, con la luce verde, può dar forma a qualunque sua immaginazione.
Il Sole, al tramonto sul mare, assume, per rari istanti, una striatura verde. E ne tinge l’orizzonte. Un verde intenso, brillante, come quello della tavolozza di Paolo Veronese. Che, con ogni probabilità, vi si ispirò contemplando un tramonto sulle lagune. O sul Garda.
E una leggenda scozzese dice che chi riesca a contemplare il raggio verde del tramonto, avrà il dono di conoscere il cuore degli altri. Jules Verne ne trasse uno dei suoi romanzi più strani, e, in fondo, romantico. Rohmer un capolavoro cinematografico.
Ma questa inquietudine connessa al colore verde, trova, forse, spiegazione nel culto egizio del Sole. Gli antichi sacerdoti vedevano il raggio verde. E scrissero nei loro geroglifici che il Sole, al tramonto, cangia colore. Dal giallo oro del giorno, al verde smeraldo del viaggio notturno. Che è, però, il viaggio nell’oltretomba. Nel regno dei morti.
Dunque, è il colore della Morte. E del mistero della vita che si rigenera. La luce dello smeraldo. Pietra simbolo di Venere. E quindi della potenza assoluta dell’eros. Ma Venere ha anche il volto di Libitina. Domina degli Inferi, che veniva onorata presso Porta Esquilina. Luogo dei riti funerari. Perché Eros e Thanatos sono sempre legati. Tutta l’elegia d’amore latina, da Tibullo a Properzio, sino ai giochi di Ovidio, si fonda su questo dualismo. Che è poi il dualismo Vita /Morte. E il segreto della morte che si cela nella vita. E, naturalmente, viceversa.
Gli spettri spesso vengono dipinti con un vago colore verde. Quella luce inquietante che ritroviamo negli incubi di Füssli…
E verde è il volto di al-Khidr. L’inquietante maestro che mette a dura prova Mosè nel deserto, secondo una fantastica, e enigmatica, Sura del Corano. Chi sia al-Khidr la Sura non lo dice. Ma ci fa capire che è essere antico. Antichissimo. Che vive, e vaga per il mondo, da secoli. L’ebreo errante, Assuero. Cui Christo, prima di salire in Croce, disse: tu resta qui, sino a che io non tornerò. La Parusia.
E Assuero continua a vagare e attendere. Insegnando a rari adepti il mistero di cui è portatore. Dicono che, nel Medioevo, poco prima di Dante, fosse a Rimini. La città di Paolo e Francesca. E in Spagna anche. E in Francia…
La letteratura in merito è vasta.
Gustav Meyrink vi si è ispirato per quello che resta, forse, il suo romanzo più ardito ed arduo. Non il più felice dal punto di vista letterario, forse, perché troppo denso di simboli, personaggi inquietanti – un alchimista polacco, uno stregone zulu… – ma certo quello in cui narra con maggiore intensità un, particolarissimo, cammino. Il cammino verso una iniziazione, liberazione, verso un segreto di cui è depositario il proprietario ebreo di un negozio di carabattole, ove è dato trovare manoscritti di maghi, accanto a foto kitch di donnine discinte. L’ebreo si chiama Childl Grün. E il suo volto ha un colorito verdastro.
Porterà il protagonista alla, tremenda, esperienza dell’inversione dei Lumi. La mente si fa cuore. Il cuore mente. E non si può più tornare indietro.
Un racconto non dissimile si può già intravvedere nell’opera di ibn Arabi. Il più grande pensatore sufi, che definire mistico mi sembra riduttivo. Egli incontrò più volte al-Khidr. E vide il suo volto verde. E il grande Maestro di Murcia, nel suo pensiero supera il dualismo tra ragione e fede. E giunge ad una sintesi superiore.
Il Verde è il colore del passaggio. Della transizione verso una condizione diversa. Verso una diversa conoscenza, soprattutto. Forse per questo viene, volgarmente, usato nei semafori, per indicare quando si può transitare. Quando il passaggio è libero…
Ed ora qualcuno si aspetterà, e forse si aspettava sin dal titolo, che io mi metta a disquisire sul Green Pass, e a polemizzare. E invece no. L’unico Verde che mi interessa, ora come ora, è quello di quel volto millenario. O quello di due occhi che illuminano d’improvviso la notte più oscura.
Quell’altro è solo inganno per gli stolti. Dei cui corpi, i fossi sulla via, sono proverbialmente colmi.