La storia insegna ancora: eccome. Capisco che, in quest’epoca di navigazione a vista, in cui pare contare soltanto il presente, si abbia la sensazione che ogni attimo sia irripetibile, ma non è così: certi meccanismi sono ripetitivi e conoscerli può aiutarci parecchio.
Questa terribile crisi, legata al coronavirus, per esempio, può, alla fine, trasformarsi in una straordinaria opportunità per l’Italia.
Capisco che, in questo momento, con le zone rosse, i malati in rianimazione, i dubbi e le incertezze sul futuro immediato, questa affermazione possa suonare paradossale e, forse, per qualcuno, blasfema: ma la storia ci insegna esattamente questo. Che mai, come dopo una gran miseria, vengono occasioni d’oro.
Oggi, l’Italia è nell’occhio di un ciclone che, prima o poi, si sposterà altrove: tra qualche tempo, altri Paesi si troveranno nella situazione in cui noi annaspiamo adesso. E, per converso, la crisi da noi passerà. In quel momento, se avremo la capacità di sfruttare lo “Schwerpunkt” a nostro favore, potremo ottenere eccezionali successi, economici, politici, d’immagine.
Perché l’Italia, storicamente, si rafforza nelle prove dolorose: ci vogliono delle immani sciagure perché il nostro genio nazionale si risvegli. E, nelle ricostruzioni, siamo davvero formidabili: riscopriamo la fratellanza, la dignità, la serietà, l’impegno. E’ un’onda sinusoide, la storia: oggi noi stiamo toccando il punto più basso e solo qualcosa di davvero poderoso può proiettarci di nuovo verso l’alto. Questo qualcosa può essere il coronavirus o, meglio, il dopo coronavirus: la concomitanza di provvedimenti eccezionali, della depressione altrui, di nuove energie e speranze, potrebbero seriamente risollevare il Paese e riportarlo ai vertici.
Non è sciovinismo il mio, ma semplice analisi strategica: non parlerei diversamente se la faccenda riguardasse la Gran Bretagna o la Russia. Dobbiamo pensare a questa crisi come a una gigantesca opportunità di riscatto e a noi come un’avanguardia, nel male, oggi, come nel bene, domani. Caporetto e Vittorio Veneto, per rendere l’idea.
Solo che, perché questo si realizzi occorre, appunto, una strategia, mentre finora, i nostri governanti si sono dedicati solo alla tattica: e tattica estemporanea, per di più. Abbiamo bisogno di lungimiranti statisti, se vogliamo volgere a nostro vantaggio questa catastrofe: ci servono persone preparate, non dilettanti che non vedono al di là di un mese, di una stagione, di una tornata elettorale.
Ci occorre una classe dirigente capace di progettare e gestire il futuro con una visione internazionale, storica, ideale: una nuova filosofia politica. Non questi poveruomini, miopi se non ciechi, che si muovono a tentoni e sono perennemente in ritardo, perfino rispetto al presente: bisogna sopravanzare il presente e immaginare il futuro. Solo così si vince. Abbiamo bisogno di un governo capace, di un Presidente della Repubblica che sia, al contempo, un patriota e un dignitario, di manager di Stato che sappiano progettare strategicamente e dirigere uomini e mezzi.
In altre parole, ci serve un Comando Supremo, per mettere in atto la nostra Vittorio Veneto: non è più tempo di caporali di giornata. Lo so quello che pensate: erano altri tempi, potevamo contare su altri uomini! Ma sono i tempi che forgiano gli uomini: sono i grandi dolori che li temprano, li rendono compassionevoli, uniti, forti. A parità di condizioni, un ragazzotto debosciato della classe 1999 potrebbe fare lo stesso del suo bisnonno, classe 1899: ci vorrebbero Caporetto e il Piave, e l’essenziale e purificatore vento della necessità estrema. Ora, siamo a Caporetto: ma non può piovere per sempre. Facciamoci trovare pronti, stavolta.