Si va a votare in un clima di paura.
Non la paura del Covid, si badi bene, ma la paura di coloro che spargono a piene mani la paura del Covid.
Un segnale lo si era già avuto nei giorni scorsi quando migliaia e migliaia di iscritti alle liste comunali per svolgere i servizi di presidente e scrutatore ai seggi avevano dato forfait. Tanto da costringere alla cooptazione dei dirigenti scolastici dei plessi in cui sono stati allestiti i seggi.
A insinuare ulteriori timori ci si sono messi di buzzo buono i giornali di domenica mattina, primo giorno delle consultazioni. Addirittura La Busiarda ha parlato di “Italia alle urne con l’incubo Covid”. Mentre i telegiornali hanno dato informazioni spesso fuorvianti sulle modalità di accesso ai seggi: modalità complesse solo se sciorinate una dietro l’altra, ma che in realtà sono semplici norme di buona creanza. E su un canale all news si è sentito una inviata chiedere a aun presidente di seggio: “Ma lei non ha paura?”
Si tratta, in buona sostanza, di tentativi per dissuadere gli elettori dall’andare a votare, per esercitare l’unico e ultimo diritto democratico concesso da questo scialbo sistema politico.
Però diciamola tutta: le paure sconvolgono soprattutto i partiti di governo.
Da una parte temono che nelle sette regioni che andranno al voto le loro liste perdano più consensi di quanti dicano i sondaggi. Lo dimostra il fatto che il M5S abbia di fatto rinunciato a fare campagna elettorale e abbia dichiarato un giorno sì e l’altro anche che queste elezioni non avranno conseguenze per il governo. Ma le paure coinvolgono anche il referendum. Una consultazione che non voleva nessuno ma che è stata promossa soltanto da Renzi e da una ottantina di suoi amici ed ex amici.
Per una volta non si bada più solo al risultato. Di grande importanza saranno anche le percentuali: sia dei votanti che di voti. Se coloro che andranno alle urne, almeno dove non si vota né per le regionali né per le comunali, saranno pochi, avranno vinto “loro”. Quelli che hanno già cancellato la possibilità di eleggere i consigli provinciali, che hanno già ridotto gli eletti nei consigli comunali e regionali, e che hanno posticipato le elezioni previste a marzo.
Ma se, in ogni caso, la percentuale dei “No” dovesse essere superiore a quel 20% che veniva annunciato qualche mese fa dagli analisti, “loro” dovranno cominciare a porsi delle domande che fino ad oggi hanno evitato di porsi.
Per paura, appunto.