“Scusi prof” gli occhi, nerissimi, brillano di una luce particolare. Più intensa del solito, mi pare. Ma, forse, è solo il riflesso del sole di questa primavera..
Dimmi.
“Ma questa cosa, quella storia del vulcano…ecco, a me fa un po’ di paura. Anzi, proprio tanta…”
Già…. Il Vesuvio. O meglio lo Sterminator Vesevo. Perché stiamo facendo “La ginestra”. L’ultimo Leopardi, quello del periodo napoletano. Forse il meno compreso. E certo il meno studiato, e spiegato, tra i banchi di scuola. Anche perché…arduo. E poco amato dagli insegnanti.
Non hai tutti i torti. L’immagine del Vesuvio, quella delle rovine di Pompei ed Ercolano, sono potenti. E infondono un senso di…angoscia. Proprio quello che il poeta, Leopardi, voleva trasmettere…
“A proffe…certo che sto Leopardi doveva esse proprio l’anima de la festa… Un allegrone…che se toccava anche er gatto nero se je tajava la strada…” aspetto che, dopo l’immancabile battuta del Boro, si plachino le risate. Poi…
Beh, in realtà chi lo conobbe diceva tutt’altro. Un conversatore piacevole, brillante, ironico… L’opposto dell’immagine cui vi hanno abituati. Per farvi credere che fosse così pessimista perché…era gobbo.
“E le donne non je la davano…” risate sfrenate, ora. Lancio un’occhiataccia al Boro. Ma arrivo per secondo. Quella della glaucopide e molto più dura. Ed efficace. Lui ammutolisce e china la testa.
Beh con le donne non ebbe, davvero, mai molta fortuna. Ma questo ha poco o nulla a che vedere con il suo pensiero. (tiro un respiro). Pensate a questa poesia. O meglio, a questo poemetto. L’immagine, possente e minacciosa, del vulcano. Le città, un tempo ricche, eleganti, brulicanti di vita, ridotte solo a rovine… e, unico contrasto, la fioritura delle ginestre. In un ambiente arido e inospitale. Non è pessimismo. È molto, davvero molto più tragico. La metafora, l’immagine della vita…
“Sì, Prof…ma è di un triste. Non ti lascia alcuna speranza..” gli occhi non splendono di malizia, ora. Sembrano…quasi velati.
No. Leopardi non lascia speranza alcuna. È uno dei pensatori più profondi e radicali. Di quelli che distruggono sogni e illusioni. Lo è molto più di Schopenhauer, cui pure è stato paragonato. Ed è per questo che Nietzsche, più di ogni altro forse, lo amava. E Nietzsche è per eccellenza il maestro del sospetto…
Si fa silenzio. Schopenhauer, Nietzsche… li studieranno solo il prossimo anno. E chissà come… Per ora, per i più, sono solo nomi strani. I coatti sono per lo più distratti. Spaesati. Colpa mia, ogni tanto…mi lascio andare. Il Boro borbotta
“Nsomma, na bella compagnia de allegroni sti poeti e filosofi. Mejo esse scemo, me sa”
“Tu non fai fatica” quello della glaucopide è un sibilo, più che una voce. E il Boro la guarda con…occhi tristi. Meglio riprendere
In fondo hai detto proprio quello che pensava Leopardi. Ad essere ottusi, a non pensare, si vive meglio. Perché il pensiero più che un dono è una condanna. Un dono crudele. Che, però, non puoi rifiutare…
(si è fatto un silenzio quasi palpabile.)
Vedete. Leopardi ci dice che dobbiamo fare come le ginestre. Restare abbarbicati alla terra arida. E cercare di fiorire. Senza troppe illusioni. Perché, prima o dopo, la lava ci spazzerà via. Con tutti i nostri sogni di grandezza. E la lava potrà avere diversi volti. Anche quello di una guerra devastante..
Suona la campanella. Mi avvio, di fronte a una fila di volti tristi… Ma la mora
“Scusi prof… Ma allora, noi giovani, in cosa possiamo sperare?” nella voce colgo un senso di angoscia.
La guardo.
Vedi, c’è uno scrittore, un grande scrittore giapponese, Yukio Mishima, vi parlerò di lui prima o poi… Bene lui disse che vivere è come stare sul ciglio del cratere di un vulcano. E attendere che esploda. L’unica cosa che possiamo, che dobbiamo imparare a fare è… danzare. Danzare sull’orlo del Vulcano.
Adesso gli occhi tornano a sorridere. Ha capito.
“Grazie prof..”
Sorrido anch’io. Ed esco.