Imbolc è (quasi) trascorso. La Notte di Mezzo Inverno. Quando la lunga stagione fredda giunge al suo apice. E comincia la discesa verso la Primavera. E già nel vento sembra di sentire profumi diversi. E la luce si fa più brillante. Uno scintillio quasi febbrile. La Terra che, sotto la coltre fredda, freme per rinascere.
Imbolc è festa celtica. E, per tradizione, in Irlanda, veniva considerata l’inizio di Primavera. Perché, anche se il gelo è ancora intenso, le giornate sono ormai sensibilmente più lunghe. E il cielo sempre più terso e limpido. E i gaeli la chiamavano anche Oilmec. La festa del latte. Perché legata alla stagione in cui nascevano agnelli e capretti. E l’abbondanza di latte, burro, formaggi permetteva di superare la coda dell’inverno, quando ormai le provviste, stipate ad autunno, erano prossime ad esaurirsi.
Ma Imbolc, o Oilmec, cela anche un riferimento al grembo materno. Al ventre gravido della Madre Terra, dalla cui oscurità sorge la vita. E la Dea invocata nei riti sacrificali era Brigit. La luminosa. Madre e Vergine insieme. Che, certo, nel periodo più antico avrà richiesto sacrifici cruenti. Anche umani, probabilmente. Ma che soprattutto gradiva celebrazioni di tipo orgiastico. Canti, musica, bevande, birra e idromele soprattutto. Danze sfrenate ed estatiche. E, naturalmente, anche eros senza freni né tabù moralistici. Perché in questi rituali non vigeva una qualche, comune, morale. E tuttavia non vi era alcunché di…trasgressivo. Non nel senso, volgare e tutto sommato banale, squallido, che oggi diamo al termine. L’eros, anche sfrenato, l’orgia rituale alla luce della Luna, aveva la funzione di invocare ed evocare la potenza della Dea. E la vita. Non di solleticare, e/o appagare, le pulsioni represse dei partecipanti.
I cristiani d’Irlanda sovrapposero alla antica Dea, Santa Brigida di Kildare. Che è figura storica, vissuta tra V e VI secolo. Venerata come patrona al fianco di San Patrizio. Ma totalmente ammantata da un alone di leggenda. Di fiaba se vogliamo. Come nel miracolo in cui da una piccola botte avrebbe fatto spillare “un lago di birra” onde dissetare tutta la corte del Re. O come nel racconto della sua generosità con i poveri, cui, sin da bambina, donava copiosamente latte, burro e formaggio. Suscitando la collera di suo padre, un capo clan pagano. Che, sul letto di morte, lei avrebbe convertiti con la sua, particolarissima, croce. Verde, e a forma di ruota solare.
Narrazioni simboliche ovviamente. Come simbolico è stato porre la sua morte, e quindi la sua festa, proprio al 1 Febbraio. Imbolc.
E nella notte fra l’1 e il 2 febbraio è ancora uso, nelle campagne d’Irlanda, porre sulla finestra una candela accesa. Cosa che ricorda la nostra tradizione della Candelora. E non per caso Santa Brigida viene anche chiamata la Maria, o la Madre d’Irlanda.
Il suo culto si è diffuso, poi, in gran parte d’Europa con la predicazione e l’opera dei monaci irlandesi, della Stirpe di Colomba e Colombano. Francia, Belgio e anche in Italia, portato da San Donato, anche lui un gaelo, in tutta la Pianura Padana. Terre, comunque, celtiche. Terre ove il culto dell’antica Brigit, la festa di Imbolc, aveva profonde e salde radici.
Ho acceso una candela stanotte. E l’ho posta sul davanzale, al riparo dal vento. Brigit è la fiamma. Brigit è il fuoco e la passione. È il risveglio della Natura e il trionfo della vita.
È anche la poesia. La Dea che veniva invocata dai Filid e dai Baird, gli antichi druidi cantori, perché donasse loro l’ispirazione. La grande poesia dell’Irlanda antica, che rivaleggia in ricchezza e bellezza persino con la lirica greca arcaica,viene da lì. Da Brigit. Da Imbolc.