Damiano Portosi nato nel 1961 a Torino, ma chierese di adozione, fotografo eclettico e versatile, ha un curriculum ricco e variegato,che comprende prestigiose collaborazioni con multinazionali automobilistiche e con il mondo dello spettacolo, griffando ritratti di artisti di prestigio internazionale. Negli anni è pubblicato da moltissime riviste del settore musicale e specializzate in fotografia. Ha anche ricevuto un ambito riconoscimento come vincitore di un premio per la fotografia di matrimonio.
“Un’anima sola. Racconto fotografico di una storia vera” (€uro 20,00 p.89) pubblicato da Tecnorossi, è il racconto fotografico di un’anima sola attraverso le immagini e le parole, cesellate in una sintesi ammaliante e suadente di fotografia, poesia e prosa.
L’ispiratore del libro è il padre dell’autore, sarto che possedeva un tocco artistico nell’individuare l’anima e la personalità di clienti di entrambi i sessi, e trasferendola nei vestiti fino all’ultima sfaccettatura.
Questa dote la trasmise a suo figlio pur se declinata in maniera diversa, nonostante il rischio di perderla, a causa del boom economico degli anni ’50 che favorì la produzione di massa e uccise il lavoro artigianale e la creatività a esso connessa. Il lavoro in fabbrica gli portò la sicurezza economica ma come in un patto con il diavolo, i turni programmati, la divisa e la ripetitività del lavoro, rischiarono di uccidere l’estro della sua anima.
L’autore come un nuovo Virgilio, ci accompagna attraverso la selva oscura che suo padre dovette affrontare, incarnata da una fabbrica abbandonata, per non perdere il fuoco della sua passione. Il travaglio è scandito dalle fotografie delle modelle che trasformano l’elemento glamour in antiglamour perché anche se non vestite, sono colte nel loro essere più autentico e rispecchiano nella loro essenza le varie battaglie interiori di un’anima sola nel duello con l’alienazione omologante, e i riflessi dei loro occhi si fondono in una polifonia di immagini prosa e poesia, intrise di tormento e dolcezza, fino all’approdo finale, un riveder le stelle simboleggiato da una bicicletta e un mazzo di fiori, binomio struggente di libertà e vita, che emergono dai fumi nebbiosi della fabbrica per proiettarsi verso il futuro, in un commovente passaggio di testimone da padre a figlio.