Settembre giunge alla sua metà. Ed il Novilunio ormai è trascorso. La Luna è in fase crescente… Ci avviamo, rapidamente, verso l’equinozio. La luce è già mutata. Fa ancora caldo nelle ore centrali del giorno, ma il sole ha un’intensità diversa. E l’aria si fa pesante. Nel cielo dove l’azzurro tende sempre più verso il grigio, sembra prepararsi la stagione delle piogge.
Qui, però, il tempo sarà ancora mite. E durerà, probabilmente, per buona parte del mese successivo. Le, un tempo famose, ottobrate romane. Stagione come sospesa tra i colori dell’autunno, le foglie secche al suolo che scrocchiano al passo, e un’illusione d’estate. Stagione indolente, come, a ben vedere, indolente è questa città. Indolente e torpida, come se il brulicare di gente, il traffico sempre più caotico, fosse solo parvenza. Una superficie animata da formiche. In profondità la città, quella vera, riposa. Dorme il suo lungo, lunghissimo sonno.
Mi piace immaginare che questa, a Roma, sia la stagione dei fantasmi. Che, certo, vi sono (sempre che vi siano) tutto l’anno. Ma che tra settembre e ottobre sono più presenti che in altri periodi dell’anno. Fantasmi romani. Quindi, paciosi, a loro modo allegri, come nel film capolavoro di Antonio Pierangeli. Vecchio film del ’61, visto e rivisto. Un cast eccezionale: Mastroianni, una opulenta Sandra Milo, un Buazzelli gigantesco vestito da frate ghiottone. Un Gassman (quello vero) più gigione che mai. Ed Eduardo de Filippo. Un centro storico sospeso tra ruderi romani, palazzi barocchi, e vicoli papalini. La Roma dei fantasmi, appunto. Non questa, vastissima, periferia anonima e senza storie…
Settembre. Oggi è l’11, mentre scrivo, o, come preferisco dire, burchio immagini a caso. Dalla memoria. E, certo, la memoria indotta da Media e Social, corre a quell’11 di Settembre. A quelle immagine ripetute da vent’anni in modo ossessivo. Tracce in un cielo lontano. Esplosioni. Crolli. Urla. Roma in stato d’assedio. Polizia e carabinieri ovunque. Inusuale al tempo. Oggi, ci siamo abituati. È la nostra normalità. E non per il terrorismo. Per la nostra paura. Ma fu in quel momento che tutto cambiò. Dopo la sbornia ottimistica alla fine della Guerra Fredda. Dopo i canti e i balli sul Muro di Berlino. Cominciò la paura. Diffusa, preparata artatamente. Non ne siamo più usciti.
Ma non ho voglia di pensare a questo, ora. Altre memorie. Altre immagini. Un settembre a Cortina, tanti anni or sono. Una vita fa. Le strade ormai vuote di turisti. L’aria già fredda al mattino e al tramonto. Ma un cielo azzurro e terso. Una luce straordinaria. La Baita Frajna, su un prato ancora verdissimo. Mangiavamo all’aperto. Pane nero, salame, cetriolini sott’aceto. E birra. Ridevamo. Ed eravamo felici. Quella insolita, e assurda, felicità che si prova solo nell’ultimo scorcio della giovinezza. Guardavo il cielo. E guardavo i suoi occhi. Avevano lo stesso colore. La stessa sfumatura di azzurro settembrino. Che strano…lo avevo dimenticato, sino ad oggi… chissà se rivedrò mai quel cielo. Quegli occhi certo mai più…
Impressioni di Settembre. Leggo, anzi rileggo svogliatamente D’Annunzio. Non i Pastori. Qui, non avrebbe senso. Il Novilunio
“…. Nell’aria lontana il viso della creatura celeste che ha nome Luna….”
Chissà se esiste davvero quel volto… pensiero ozioso. Se esiste è comunque lontano…
Poi, mi torna in mente
“Quante gocce di rugiada intorno a me/ cerco il sole ma non c’è…”
Ma qui non è campagna. E le gocce di rugiada, se pur vi sono, non riesco a vederle dalla finestra.
Però vi è il Sole. Ancora pallido. Ma c’è….