Il quadro attuale sui settori economici e commerciali lo descrive il Rapporto Ristorazione 2021 di Fipe Confcommercio, secondo cui sono “oltre 23mila le aziende che hanno cessato la loro attività nel solo 2021, una cifra che – insieme alle attività del 2020– arriva a un totale di 45mila locali che hanno abbassato le saracinesche nel periodo della pandemia, confermando l’andamento dell’anno precedente”.
I settori più colpiti, restano ovviamente, turismo e ristorazione. Con perdite rispetto al 2019 che sfiorano i 34 miliardi di euro nel 2021 e che si trasformano in 56 miliardi se si considera il biennio appena trascorso.
Tutti questi dati fanno comprendere la strage silenziosa di perdita di posti di lavoro e la riduzione degli addetti nell’intero settore: sono 193mila in meno rispetto al 2019, in genere donne e giovani. Un terzo delle imprese denuncia infatti di aver perso personale, cifra da leggere alla luce d’una ristorazione – quella italiana – costituita principalmente di aziende a conduzione familiare, in cui solo il 40% ha dipendenti.
Nella paralisi del settore incide anche il caro materie prime e l’energia ha un suo riflesso: l’87% degli imprenditori registra aumenti della bolletta energetica fino al 50% e del 25% per i prodotti alimentari mentre i rincari sono assorbiti, allo stato attuale, dagli esercenti: a febbraio 2022, lo scontrino medio è salito del 3,3% rispetto a un incremento generale dei prezzi del 5,7%.
Nel campo della ristorazione si avverte anche la crisi generata dalla guerra tra Ucraina e Russia. Ci si continua a muovere meno da casa e si consumano preferibilmente pranzi e cene tra le mura domestiche mentre sembra aver preso piede anche l’abitudine a sfruttare il delivery. Il protrarsi della pandemia, visti i progressivi aumenti dei contagi delle ultime settimane, non fa sperare in una celere ripresa.