Un’analisi fuorviante quella offerta dalla maggior parte dei media nostrani riguardo le elezioni di metà mandato svoltesi nella popolosissima nazione messicana. Fin dalle prime ore di lunedì il tam tam di agenzie, quotidiani e riviste geopolitiche seguiva una linea comune tesa a ribadire come il calo del partito di governo, Il Movimento Rigenerazione Nazionale (Morena), lasciasse presagire la perdita della maggioranza alla Camera per l’esecutivo guidato dal presidente Andrés Manuel López Obrador.
Ipotesi rivelatasi infondata col procedere dello scrutinio. Se, infatti, il movimento populista ha perso seggi rispetto a tre anni fa è riuscito egualmente a mantenere la maggioranza grazie ai suoi due alleati: i verdi e il Partito dei lavoratori. Un ruolo determinante nell’arretramento di eletti è sicuramente da ravvisare nella mancata esposizione in prima persona del proprio leader rispetto al 1° luglio 2018 quando le elezioni per i due rami del Parlamento messicano si svolsero in concomitanza con quelle per la presidenza che videro AMLO trionfare con il 53,2% al primo turno.
Di pari passo l’inedita coalizione dei principali oppositori che ha riunito sotto un’unica sigla il Partito di Azione Nazionale (PAN), lo storico Partito Rivoluzionario Istituzionale e il Partito della Rivoluzione Democratica (PRD) si è fermata a cavallo dei 200 scranni sui 500 totali e potrà rallegrarsi solo per aver scongiurato l’ipotesi di una sconfitta roboante che, consegnando una maggioranza dei 2/3 alla sinistra, avrebbe consentito al governo di far approvare modifiche costituzionali nel corso degli altri tre anni di mandato.
Nelle concomitanti votazioni per l’elezione di quindici governatori regionali la coalizione di sinistra se ne è già aggiudicata nove contro i 3 dell’opposizione e risulta in testa, seppur con scarti ridotti, lì dove si dovrà attendere ancora qualche giorno per proclamare i risultati definitivi. In questo caso si tratta di un vero e proprio successo per un movimento giovane, fondato solamente sette anni fa, che alle ultime regionali aveva trionfato solo in 8 stati e che potrà continuare l’opera di formazione di una classe dirigente non più schiava della popolarità del suo leader, cosa necessaria dando uno sguardo alla carta d’identità del tutt’altro che giovanissimo presidente.
Seppur fermatosi di poco sopra il 52% il dato sull’affluenza alle urne è stato sottolineato come positivo ed evidente della volontà popolare di partecipare alle decisioni politiche del Paese dall’inquilino del Palazzo nazionale di Città del Messico.