L’epidemia da Covid-19 e il conseguente blocco di tutte le attività per tre mesi ha portato con sé una serie di disastri: sanitari, economici e psicologici.
Uno dei più pericolosi è quello che potremmo definire “psico-sanitario”, legato cioè a una psicosi collettiva legata alla paura del contagio e al terrore che, una volta scomparso, si possa ripresentare.
Lungi da me il volermi sostituire alle ottime analisi del professor Adriano Segatori, che più volte, dall’alto delle sue conoscenze, ci ha resi un po’ più edotti sulle conseguenze psicologiche della situazione che stiamo vivendo.
La mia vuol essere soltanto una constatazione empirica dalla quale ciascuno può trarre le proprie riflessioni.
In base ai dati forniti quotidianamente dalla Regione Piemonte, i contagiati da Coronavirus nella regione sono stati oltre 31.000, con poco più di 4.000 decessi (si badi bene!) non a causa del contagio ma di pazienti che avevano contratto il virus. Alla data del 22 giugno, sempre la Regione ha comunicato che i tamponi effettuati erano 391.668, di cui 215.139 risultati negativi. Se si confrontano questi numeri con quelli dei giorni precedenti, si può notare come il numero dei controlli sia di circa 3500/4000 al giorno, ai quali vanno aggiunti i test sierologici dei quali i documenti ufficiali non danno notizia.
Questo incremento è rimasto costante nelle ultime settimane malgrado la diminuzione progressiva sia dei malati che dei decessi: dal primo giugno, infatti, i positivi al test non hanno mai superato le trenta unità, a parte proprio il primo giorno del mese in cui furono 37; nello stesso periodo, e cioè negli ultimi venti giorni, i decessi sono costantemente diminuiti e, complessivamente, sono appena 65. Tanto per fare un esempio: il 21 giugno sono stati fatti quasi 4000 controlli (3955 per l’esattezza) a fronte di 27 casi di positività, di cui 20 asintomatici e nessun decesso.
Stando così le cose non si comprende come mai i controlli e le analisi continuino in modo serrato, esattamente come quando si era al picco dell’epidemia.
Occorre sapere inoltre che tali controlli monopolizzano al 90% tutti i laboratori analisi della regione, riducendo al minimo i controlli diagnostici di tutte le altre malattie. In altre parole è come se in Piemonte ci si ammalasse soltanto più di Covid-19.
Se ne sono accorti i pazienti, compresi quelli affetti da malattie croniche, che da mesi sono esclusi da qualsiasi tipo di controllo. Tutti guariti? Naturalmente no, magari fosse così! Per di più a questi pazienti, che in maggioranza sono anziani, il più delle volte viene consigliato di rivolgersi a strutture private, che spesso forniscono dati incompleti e difficilmente utilizzabili dai medici curanti.
Secondo quanto riportato da numerosi organi di stampa, le analisi arretrate e rimandate ammonterebbero almeno a 300.000. Numero destinato ad aumentare se non si deciderà di cambiare strategia.
Quando all’inizio parlavo di psicosi collettiva, mi riferivo proprio a questo. Siamo talmente terrorizzati da questo virus che ci dimentichiamo di tutte le altre malattie e soprattutto di coloro che ne sono affetti.