Carramba che sorpresa! La Spagna avvia la riforma del lavoro, elimina di fatto il precariato a vita e riceve persino la benedizione dell’associazione degli imprenditori. Convinti, anche loro, che la collaborazione tra le parti e la serenità degli occupati possa migliorare la qualità del lavoro. Ma l’aspetto più curioso è che questa riforma va nella direzione indicata dall’Unione europea mentre, in Italia, gli oligarchi ed i loro reggicoda sostengono che l’Europa ci chiede maggior flessibilità e maggior precarietà nei contratti.
Dunque a Madrid il governo sinistro tenta di restituire ai lavoratori un briciolo di diritti dopo la sbornia turbocapitalista che aveva prodotto disoccupazione, povertà, frenata economica generale. E con la collaborazione di tutti i protagonisti del sistema economico spagnolo si pensa di poter utilizzare nel migliore dei modi il denaro in arrivo da Bruxelles (già, arriva anche in Spagna benché non abbiano Sua Divinità Mario Draghi).
A Roma, invece, il governo ammucchiata a guida sinistra continua ad ignorare i diritti dei lavoratori, ignora la strage sui posti di lavoro e si impegna esclusivamente per garantire i guadagni della grande impresa, ancor meglio se si tratta di una multinazionale americana. Persino per le nuove mascherine ffp2, obbligatorie sui mezzi pubblici e nei locali affollati, si è accuratamente evitato di calmierare i prezzi. E si sono rese obbligatorie sugli autobus, dove si resta a contatto del prossimo per qualche decina di minuti, ma non sui posti di lavoro dove si è in mezzo ai colleghi per 8 ore. Per evitare che il datore di lavoro debba affrontare una spesa che resta a carico dei dipendenti e che, con prezzi non calmierati, arricchisce i soliti amici degli amici. Amici anche dell’oppofinzione, ovviamente. Tutti che sognano di trasformare l’Italia in una sorta di Bangladesh europeo.
Tornando alla Spagna, non si può neppure giocare sulle differenze strutturali delle due economie. Anzi, proprio la maggior industrializzazione italiana dovrebbe spingere il governo dei Migliori e l’oppofinzione a spingere verso contratti a tempo indeterminato che permettano ai dipendenti di crescere, di imparare, di aumentare costantemente la qualità del proprio lavoro.
Mentre, negli altri settori, Italia e Spagna hanno molto in comune, dal turismo all’agricoltura. E dunque le tutele iberiche potrebbero essere estese anche nel nostro Paese. D’altronde non è che la riforma spagnola ignori le peculiarità del turismo, della ristorazione, della raccolta nei campi. Infatti restano spazi di flessibilità e di contratti a tempo determinato in questi ambiti. Perché è evidente che il personale in un hotel sul mare debba variare a seconda delle stagioni. E che la raccolta di pomodori non si fa sotto la neve.
Però è l’approccio che è radicalmente cambiato. Una sfida, indubbiamente. Ma se funzionerà, l’Italia si ritroverà in ritardo anche in questo ambito. Con nuovi divari di produttività, sempre più difficili da colmare.